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Appunti sulle mastiti bovine

Appunti raccolti nel periodo 1997-2003, nel quale ero Veterinario convenzionato APA (APA Campobasso) e mi accupavo della prevenzione delle mastiti.

APPUNTI SULLE MASTITI   BOVINE

 

 

DOTT. DI GIORGIO FRANCO

 

 

INDICE

 

1)   Il problema mastite

2)   Definizione

3)   Il livello di infezione

4)   Perdite economiche

5)   1- Effetti sulla produzione,composizione e qualità del latte

2-Cellule somatiche, cosa sono

6)   Qualità del latte

7)   Stima delle perdite di produzione in rapporto ala carica cellulare

8)   Variazione dei componenti del latte in relazione alle cellule somatiche

9)   Ripercussione della mastite sulla qualità e quantità del colostro

10)Correlazioni esistenti tra cellule nel latte, quarti infetti e perdite di produzione

11)Riduzione della produzione in bovine con cellule somatiche fino a 600000, in relazione al numero di parti e non affette da forme cliniche di mastite

12)Sviluppo delle mastiti

  1. -Invasione
  2. -Come si instaura l'infezione

1)   Microrganismi che provocano la mastite bovina:

  1. -Ambientali
  2. -Contagiosi

1)   :Infezioni batteriche specifiche

  1. -Streptococco Agalatiae
  2. -Stafilococco Aureus
  3. -E. Coli
  4. -Il trattamento della forma acuta di mastite bovina da E. Coli con Enroflaxicin: efficacia clinica ed azione sulla chemiluminescenza di neutrofili circolanti
  5. L'herpes virus 4 nella mastite clinica bovina

1)   Il ruolo mungitura-vacca nella mastite

  1. Meccanismi locali di difesa
    1. Canale del capezzolo
    2. Capezzolo

1-Danni inflitti dalla macchina mungitrice

2-Lesioni cliniche

3-Abrasioni fisiche, ferite e screpolature

4-Malattie del capezzolo

5- Strutture interne

6- Ecografia del capezzolo

  1. Leucociti
  2. Anticorpi e altri fattori solubili nel latte
  3. Cambiamenti delle difese della mammella nel periodo del' asciutta
  4. Ereditabilità
  5. Fattori fisiologici

1)   Gestione degli allevamenti ed ambiente come fattori mastite

  1. Incremento di esposizione ai patogeni
  2. Stress
  3. Traumi
  4. Alimentazione
  5. Mungitrice

1)   Individuazione e diagnosi

  1. Individuazione a livello di allevamento
  2. Esame visivo del latte
  3. Esame batteriologici

 

1)   GESTIONE DELLA MUNGITURA

1- La sanità della mammella parte da una corretta gestione della mungitura

2- Mungitura e parametri per valutarne l'efficienza

1-Buona mungibilità

2- Fattori relativi all'operatore

3- Fattori relativi all'impianto

3- Osservazioni e misurazioni di buona mungibilità

1- Picco di flussometro

2- Tempo di mungitura per vacca

3- Completezza della mungitura

4- Frequenza di scivolamento e caduta gruppo

2)   Norme pratiche di controllo

  1. Controllo della mastite durante la mungitura
  2. Preparazione della mammella
  3. Disinfezione post mungitura
  4. Intervallo tra le due mungiture
  5. Periodo dell'asciutta
  6. Monitoraggio della sanità della mammella
  7. Monitoraggio della sanità della mammella in asciutta
  8. Alimentazione e sanità della mammella durante l'asciutta
  9. Considerazioni finali

10.Rimonta degli animali

1)   Altri metodi di controllo

  1. Vaccinazione
  2. Dispositivo intramammario
  3. Isolamento

1)   Controllo di specifici tipi di mastiti

  1. Str. Agalatiae
  2. Stf. Aureus

1- La ghiandola mammaria infetta

2- Colonizzazione delle superficie corporee

3- Vie di trasmissione

4- Il ruolo delle mosche

5- Fonti ambientali

1)   Terapia delle mastiti

  1. Mastiti sub-cliniche
  2. Mastiti cliniche
  3. Mastiti acute con interessamento sistemico
  4. Terapia di supporto
  5. Procedure per il trattamento intramammario

1)   Utilizzare disinfettanti di cui sia stata valutata l'efficacia

1- Determinazione dell'efficacia di un disinfettante post-mungitura dopo l'esposizione dei capezzoli ad agenti mastidogeni

2- Determinazione dell'efficacia di un disinfettante post-mungitura basandosi sulla riduzione delle infezioni naturali

3- Confronto tra un prodotto sperimentale con uno di efficacia provata  basato sulla riduzione dell'incidenza delle infezioni naturali

4- Determinazione dell'efficacia di un disinfettante pre-mungitura sulla base della riduzione delle infezioni naturali.

 

 

 

1) IL PROBLEMA MASTITE

La mastite è una malattia molto costosa negli allevamenti delle vacche da latte ed esige un grosso pedaggio con un calo della quantità e della qualità del latte ed un incremento dei costi di produzione.

Questi costi sono sostenuti direttamente dai produttori di latte e indirettamente dai consumatori dei prodotti lattiero caseari.

 

 

2)   DEFINIZIONE

 

La mastite è una infiammazione della ghiandola mammaria in risposta ad un agente nocivo  o stress che proviene dall’ambiente.

Gli scopi della risposta infiammatoria sono di distruggere o neutralizzare l’agente nocivo e preparare la via per la guarigione e il ritorno alla normalità.

L’infiammazione può avere diverse cause scatenanti:

Agenti infettivi, Traumi, Irritanti chimici.

Nella vacca da latte la mastite è  quasi sempre causata da microrganismi di solito batteri che invadono la mammella e qui si moltiplicano producendo tossine che sono la causa immediata del danno. Dato che molti casi di mastite bovina sono il risultato di tale infezione, il termine mastite, salvo qualificazione implica la presenza di un batterio infettante.

La mastite causata da trauma o irritazione in assenza di infezione batterica è rara, anche se l'infiammazione può persistere per un certo tempo dopo che la causa infettante è stata eliminata.

Alcune volte c'è confusione nella discussione della mastite perché differenti termini sono utilizzati per lo stesso significato. Le seguenti definizioni si ritengono le più valide e sono accettate a livello internazionale:

-Infezione mammaria: presenza di batteri in mammella e loro moltiplicazione (IMI).

-Infezione latente, caratterizzata dalla presenza di un'infezione, rilevabile all'esame batteriologico, ma con assenza di alterazioni visibili a livello di secreto e soprattutto, assenza di una risposta cellulare (meno di 100.000 cellule somatiche/ml). Questa rappresenta la fase iniziale del processo patologico: può evolvere nelle forme più gravi (mastite sub-clinica o clinica) o può guarire grazie all'intervento delle difese immunitarie.

-Mastite sub-clinica: forma di mastite nella quale è molto difficile determinare un cambiamento nella mammella e non si osservano anormalità nel latte. Comunque si può sempre dimostrare la presenza di batteri con analisi batteriologiche e determinare un alto numero di cellule. In molti allevamenti questa è la forma più diffusa di mastite e provoca una forte perdita, dovuta ad una bassa produzione di latte. Poiché questa forma di mastite non è visibile direttamente dall'allevatore spesso questi ignorano la portata della loro perdita.

-Mastite clinica: Mastite con anormalità della mammella e/o nella secrezione del latte. Può avere vari gradi di severità in base al tipo di microrganismi. Nelle mastiti cliniche sub-acute ci sono alterazioni nel latte come fiocchi, coaguli e/o aspetto acquoso del latte. Dolore, aumento di temperatura della ghiandola sono lievi o assenti. Nelle mastiti cliniche acute c’è una tumefazione improvvisa della ghiandola infetta,  il latte ha un aspetto anormale (acquoso, coaguli, fiocchi) e la produzione molto diminuita. La  mastite viene definita acuta con interessamento generale se la vacca dimostra seghi di malattia come febbre, colo di appetito, calo della ruminazione, debolezza e depressione del sensorio. Quando l'inizio della malattia è molto rapido e i sintomo sono molto gravi è chiamata mastite iperacuta.

La mastite clinica può derivare da un fatto evolutiva di una forma subclinica o comparire di prima intensione e viene generalmente classificata come catarrale o parenchimatosa:

la forma catarrale è caratterizzata dall'infiammazione delle mucose della cisterna del capezzolo, della mammella e dei dotti galattofori. Essa si manifesta con la tumefazione della ghiandola, generalmente è colpito un solo quarto, che presenta anche una ridotta secrezione. Streptococcus agalactiae nel passato era la principale causa di queste forme, mentre oggi sono più frequenti le forme da stafilococcus aureus e da steptococchi diversi da S. agalactiae;

la forma parenchimatosa è caratterizzata dall'infiammazione del quarto con l'interessamento di alveoli, dotti, tessuto connettivale e circolazione ematica e linfatica, essendo legata principalmente alla liberazione di endotossine da parte di microrganismi Gram-negativi (Escherichia coli, Klebsiella). Il quarto, e talvolta l'intera mammella, si presentano aumentati di volume, duri , caldi, dolenti, edematosi, con un'evidente riduzione della secrezione fino all'agalassia. Nelle forme più gravi si ha un interessamento gemerale dell'animale con esito spesso infausto.

-Mastite Cronica: Sono mastiti di lunga durata, possono rimanere in una fase sub-acuta indefinitamente, alternare fasi di mastite sub-acuta a fasi di mastiti cliniche oppure la mastite clinica può persistere per un lungo periodo di tempo.

 

3) IL LIVELLO DI INFEZIONE

 

Il livello di infezione fa riferimento alla percentuale di vacche o quarti infetti in un preciso momento. Le prime stime, basate su dati rilevati in allevamenti che non applicano un corretto controllo igienico sanitario contro la mastite, dimostrano che circa la metà delle vacche sono infette con una media di circa due quarti ciascuna. La stessa situazione si trova in allevamenti che applicano solo saltuariamente o in modo incompleto le norme di prevenzione.

Un altro indice di mastite più facilmente compreso dall'allevatore è il tasso di incidenza delle mastiti cliniche espresso come  numero di casi clinici per cento vacche in un mese.

In molti allevamenti la maggioranza delle infezioni sono sub-cliniche e la percentuale delle mastiti cliniche non è un valido  indicatore del livello di infezione. L'informazione per valutare il livello di infezione delle mastiti sub-cliniche è disponibile con la conta cellulare del latte di massa e individuale; purtroppo questi dati non sempre sono compresi e utilizzati al meglio dall'allevatore. Questi si preoccupa soltanto delle mastiti cliniche e rimane all'oscuro delle perdite economiche provocate dalle mastiti sub-cliniche.

 

 

4) PERDITE ECONOMICHE

 

Negli USA la stima di perdita economica provocata dalle mastiti è di 181 dollari per vacca ogni anno che moltiplicato per tutte le vacche degli USA provoca una perdita di 2 miliardi di dollari che è l’11 % del valore totale del latte prodotto. Circa i 2/3 di questa perdita è dovuta alla ridotta produzione di latte provocate dalle mastiti cliniche e sub-cliniche. La perdita produttiva per ogni quarto infetto è di circa 7.5 q.li di latte; le altre perdite sono provocate dal latte di scarto per trattamento di antibiotico, riforma anticipata delle vacche infette, riduzione del loro valore commerciale, costi di medicinali, veterinario e analisi di laboratorio.

Queste stime non includono  altri costi risultanti dai residui di antibiotici negli alimenti per l'uomo, controlli della qualità del latte, diminuzione delle proprietà nutritive del latte e dei formaggi, difficoltà di conservazione dei prodotti dovuta all'elevata carica batterica e cellulare e interferenze con il miglioramento genetico della vacca da latte.

E’ dimostrato che un efficace controllo igienico sanitario può incrementare la produzione di 467 lt. di latte per anno per vacca e diminuire l'incidenza delle mastiti cliniche del 40% ogni anno.

 

5.1) EFFETTI SULLA PRODUZIONE, COMPOSIZIONE E QUALITÀ DEL LATTE MASTITICO

L'invasione della ghiandola mammaria da parte dei batteri patogeni provoca una riduzione della produzione di latte e un cambiamento della sua composizione. Il grado di questo cambiamento dipende dalla gravità e dalla durata dell'infezione. Anche nelle infezioni sub-cliniche c'è calo di produzione e alterazione della composizione anche se il latte è visivamente normale.

Le tossine prodotte dai batteri danneggiano il tessuto secernente, provocando una perdita nel totale della sintesi del latte. Il danno al tessuto secretorio e l'alterazione dei capillari sanguigni provoca un decremento di alcuni costituenti del latte normale e un incremento di altri che normalmente si trovano nel sangue.

Nelle bovine come indicatore di presenza di mastiti  viene utilizzato il numero di cellule somatiche. Nel latte di quarti infetti sono predominanti i leucociti che entrano in risposta ad un'ingiuria. Tra i leucociti i polimorfonucleati (PMN), che distruggono i batteri, sono i più comuni. Un latte normale ha di solito meno di 200000 cellule per ml. Recenti ricerche indicano che questo possono essere contenute a meno di 100000/ml.

I quarti che non hanno IMI hanno meno di 50000 cellule/ml.

 

5.2) Cellule somatiche, cosa sono

Le cellule somatiche del latte sono essenzialmente leucociti come macrofagi, linfociti e neutrofili. Studi hanno dimostrato come le cellule epiteliali secernenti di sfaldamento si trovano raramente nel latte, anche nel periodo d'asciutta e variano dallo 0 al 7% della popolazione cellulare del latte. Quindi gli aumenti in SCC alla fine della lattazione non sono dovuti all'aumento delle cellule di sfaldamento dell'epitelio ghiandolare. Le cellule sono infatti uno degli indicatori più densibli dello stato sanitario della mammella. In un latte normale le cellule per il 10-15% sono coetituite da PMN, per il 60-70% da magrofagi, per il 5-10% da linfociti e la restante parte da cellule epiteliali di sfaldamento. Durante l'infiammazione della ghiandola (mastite), l'aumento delle cellule è dovuto essenzialmente all'afflusso di neutrofili dal sangue richiamati per chemiotassi dai microrganismi che causano infezione, per combattere e sconfiggere l'infezione stessa. Più del 90% delle SCC all'inizio dell'infiammazione possono essere costituite da neutrofili e da studi fatti da diversi ricercatori il numero di mastiti cliniche è inversamente proporzionale alla velocità di migrazione dei PMN.

 

6) QUALITÀ’ DEL LATTE

Oltre alle perdite economiche viste prima c'è anche una perdita sulla qualità del latte. Un alto livello di acidi grassi liberi da al latte un sapore rancido che può già essere determinato nel latte con 400.000 cellule/ml.

I cambiamenti che avvengono in un latte mastitico possono danneggiare anche la quantità e la qualità del formaggio. Un alto livello di acidi grassi liberi funziona da inibitore della flora casearia responsabile delle fermentazioni che avvengono durante la lavorazione del formaggio.

Un abbassamento della caseina e un pH alcalino provocano una significativa perdita in quantità di formaggio. Una perdita del 3.1% di formaggio è stata riscontrata in un latte con 600.000 cellule/ml confrontato con un latte contenente 250.000 cellule/ml.

Un incremento di pH, di Na e Cl nel latte provoca un effetto sfavorevole  alla coagulazione al caglio  e un aumento dei costi di trasformazione perchè occorre più tempo per lavorare il formaggio.

Il formaggio proveniente da un latte con più alta conta cellulare ha un contenuto superiore di umidità con più problemi per la stagionatura.

Durante lo stoccaggio il sapore qualitativo del latte pastorizzato con alto numero di cellule decresce molto più velocemente di un latte con basso numero di cellule.

Un contenimento delle mastiti ad un livello accettabile contribuisce a dare all’allevatore un buon ritorno economico e al caseificio una buona qualità dei suoi prodotti

 

7)   STIMA DELLE PERDITE DI PRODUZIONE IN RAPPORTO ALLA CARICA CELLULARE

 

Primipare

Pluripare

Media cell somatiche lattazione

Perdita di produzione

Perdita di produzione

 

-

-

12500

-

-

50000

70 l

140 l

100000

140 l

280 l

200000

210 l

420 l

400000

280 l

560 l

800000

350 l

700 l

1600000

 

 

 

 

Ad un elevato numero di cellule corrisponde anche un cambiamento nella composizione del latte. Per valutare le perdite produttive e i cambiamenti qualitativi del latte si confrontano  quarti con alto e basso contenuto  di cellule della stessa vacca. Un elevato numero di cellule è associato con decremento del contenuto  in lattosio e grasso nel latte a causa di una ridotta capacità della mammella a produrre questi componenti. Alcuni studi hanno dimostrato che la percentuale di grasso può anche non variare, ma ciò è dovuto solo al calo di produzione di latte. Anche se ci possono essere piccoli cambi nel totale delle proteine, ci sono marcati cambiamenti nel tipo di proteine presenti. Il contenuto in caseina cala in modo sempre più marcato con l'aumentare del numero delle cellule, ma la sua perdita è compensata da un aumento di proteine di bassa qualità, per un incrementato passaggio di proteine dal sangue (Siero albumine, Immunoglobuline ed altre proteine del siero). Anche Na e Cl subiscono un incremento dovuto al passaggio dal sangue al latte, il K diminuisce. Il Ca è legato alla caseina e la riduzione della sintesi caseina provoca un abbassamento del livello di Ca nel latte. Il pH aumenta da 6.6 a 6.9 o più.

 

8) VARIAZIONE DEI COMPONENTI DEL LATTE IN RELAZIONE ALLE

CELLULE SOMATICHE

 

Componenti

Latte normale %

Latte con > cellule

Differenza %

Residuo secco non grasso

8.9

8.8

99%

Grasso

3.5

3.2

91%

Lattosio

4.9

4.4

90%

Proteine totali

3.61

3.56

99%

Totale caseina

2.8

2.3

82%

Sieroproteine

0.8

1.3

162%

Sieroalbumine

0.02

0.07

350%

Sodio

0.057

0.105

184%

Cloro

0.091

0.147

161%

Potassio

0.173

0.157

91%

Calcio

0.12

0.04

33%

 

9) RIPERCUSSIONE DELLA MASTITE SULLA QUALITA', QUANTITA' E  COMPOSIZIONE DEL COLOSTRO

 

Durante la fase finale dell'asciutta sono stati valutati gli effetti della mastite sulla produzione quantitativa del colostro, sulla concentrazione e sulla produzione totale di immunoglobuline G1 (IgG1), di lipidi e proteine colostrali, mediante esami di diversi quarti mammari in vacche pluripare. Il volume di colostro e la quantità totale di IgG1 secreti dai quarti infetti sono risultati inferiori alla produzione di mammelle non infette. L’infezione non ha comunque avuto ripercussioni sulla concentrazione di IgG1 nel colostro. Le percentuali di grasso e proteine nelle secrezioni prepartum di ghiandole infette erano inferiori, in maniera inferiore nel colostro. Nel colostro di mammelle infette si ha costante presenza di coaguli anche se l’aspetto delle secrezioni è estremamente variabile, aumento delle cellule somatiche (si passa dalle 600000 di un colostro di una mammella non infetta ai 2-3 milioni di una mammella infetta) e aumento del punteggio al california mastitis test.

In conclusione la mastite durante la fine dell’asciutta altera le funzioni della ghiandola mammaria, ma con ogni probabilità non ha una significativa importanza nel trasferimento di immunoglobuline al vitello.

 

10) CORRELAZIONI ESISTENTI TRA CELLULE NEL LATTE, QUARTI INFETTI E PERDITE DI PRODUZIONE

 

Carica cellulare del latte di massa

% di quarti infetti in allevamento

% di perdita di produzione

200.000

6%

-------

500.000

16%

6%

1.000.000

32%

18%

1500000

48%

29%

 

Quando si interpreta il dato di carica cellulare del latte di massa di allevamenti con poche vacche è importante ricordare che anche poche vacche con alto numero di cellule possono dare un forte aumento delle cellule del latte di massa.

 

11) RIDUZIONE DELLA PRODUZIONE IN BOVINE CON CELLULE SOMATICHE FINO A 600000, IN RELAZIONE AL NUMERO DEI PARTI E  NON AFFETTE DA FORME CLINICHE DI MASTITI

 

Sono state prese come riferimento le bovine con 50000 cell somatiche su un campione di 4968 bovine Holstein francesi. Le bovine che avevano presentate mastiti cliniche erano  state scartate dalla prova. Un modello di regressione lineare è stato utilizzato per valutare, nei giorni in esame, gli effetti stagionali di stalla (radon), dei giorni di lattazione in cui è stata effettuata la prova.

La perdita di produzione è espressa in kg di latte giorno in rapporto al conta delle cellule somatiche e al giorno di lattazione.

 

Cont cell som

I parto

II parto

III parto

IV parto

50 gg latt /100000

-0,3

0,32

0,3

 

50 gg latt /200000

-0,61

0,63

0,6

 

50 gg latt /600000

1,09

1,13

1,07

 

150 gg latt /200000

 

0,92

1,09

 

250 gg latt /200000

 

1,77

1,85

 

 

 

 

 

 

 

12) SVILUPPO DELLE MASTITI

 

12.1) Invasione

 

La mastite si forma una volta che i batteri passano attraverso il canale del capezzolo, sopraffanno le difese del latte e si moltiplicano, questo avviene soprattutto per i contagiosi, i quali hanno delle sostanze chiamate adesine localizzate sui pili che li fanno aderire  alla cute. Sembra che la penetrazione attiva attraverso lo sfintere del capezzolo può avvenire solo se sono state alterate le difese locali o alterato l’apice del capezzolo con un cattiva mungitura o altre cause fisiche (traumi etc) e chimiche.

Sperimentalmente si sono infettati dopo la mungitura decine di capezzoli con una soluzione contenente Aureus, i quarti sono diventi positivi all’Aureus solo in alcuni casi dove lo sfintere del capezzolo era alterato (ipercheratosi, edema etc). E’ da sottolineare che non si sono avuti casi di invasione dopo contaminazione dei capezzoli con una soluzione contenente aureus in bovine che erano state disinfettate dopo la mungitura. E’ da notare che i disinfettanti reagiscono con la sostanza organica e la loro azione è limitata a qualche minuto dopo l'applicazione sul capezzolo e se le bovine sono tenute in ricoveri umidi con presenza di pozze la protezione avviene per un periodo di tempo molto limitato con pericolo di nuovo contagio anche da parte dell’Aureus. Ultimamente ricercatori hanno isolato questo microbo dalla cute, mucosa orale, mucosa vaginale e soprattutto sulla superficie del capezzolo e della mammella. E' da precisare che dagli isolamenti fatti sulla superficie corporea solo nel 4% dei casi sono emersi sierotipi in grado di dare mastite e che l'aureus è presente per periodi limitati nelle varie superfici corporee, solo in alcuni casi 4% si ha una persistenza del microbo e probabilmente questi animali diventano serbatoi del microbo (portatori sani). Di circa il 4% è anche il numero delle manze che partoriscono con quarti infetti da aureus.

Da non sottovalutare le ferite, traumi o escoriazioni presenti sul capezzolo, le capacità di adesione dell'aureus sono potenziate quando i tessuti sono danneggiati infatti circa il 70% delle ferite presenti sul capezzolo sono colonizzate dall'aureus e quindi rappresentano una importante riserva del microbo e vi è una certa correlazione tra ferite presenti sui capezzoli e quarti infetti.

Le mosche rappresentano un'altro veicolo per questo microbo, è stato dimostrato che sopravvive sulla superficie corporea di queste per oltre una settimana e che circa il 70% dei sierotipi isolati erano in grado di dare mastiti. Inoltre in molti casi le mosche sono responsabili di punture e di altri tipi di lesioni causate dalle sostanza ad azione vasodilatatrice che inoculano per succhiare il sangue.

Nel tempo che intercorre tra le due mungiture i batteri possono attraversare il canale del capezzolo e invadere la mammella direttamente dall’esterno tramite movimenti fisici che risultano dalla pressione esercitata sulla punta del capezzolo dai movimenti della vacca.

Durante la mungitura meccanica i batteri possono essere spinti dentro al capezzolo o spinti addirittura attraverso tutto il canale fino alla cisterna da sbalzi di vuoto che si verificano soprattutto all’attacco a allo stacco del gruppo, oppure quando i gruppi sono molto pesanti e tendono a staccarsi (soffi).

 

12.2) Come si instaura l’infezione

 

La capacità dei batteri di aderire al tessuto epiteliale all’interno della ghiandola è di fondamentale importanza per la loro patogenicità, specialmente durante la lattazione  quando la mammella è sottoposta  ad uno svuotamento completo durante ogni mungitura. Lo Str. Agalatiae e lo Staf. Aureus aderiscono molto tenacemente al tessuto epiteliale.

Il coli non ha altrettanto buona capacità di adesione ma moltiplica molto rapidamente nel quarto, specialmente se questo ha un basso contenuto in leucociti. L’interazione dei batteri con i leucociti ha un effetto importante sull’inizio dell’infezione. La funzione del leucociti è quella di inglobare e distruggere i batteri. Se i batteri sono eliminati dai leucociti l’infezione è vinta, se i batteri persistono segue l’infiammazione. Inizialmente i batteri aderiscono al tessuto epiteliale che contiene il latte, cioè grossi dotti e cisterna e provocano danni a piccole aree di tessuto.

In uno studio condotto in USA (Cornell University) è stato messo in evidenza che solo il 20% delle infezioni intrammarie da aureus si sviluppano, nell'80% dei casi la mammella reagisce positivamente all'infezione, dalla prova è emerso che sono meno predisposte a infezione le mammelle che già hanno una conta cellulare alta, quarti già infetti da altri microbi (Corynebacterium bovis), la presenza dell'allele linfocitario W20A, molti altri fattori sono stati presi in considerazione ma nessuno è risultato avere influito nuove infezioni.

Poi, dopo moltiplicazione entrano nei piccoli dotti e negli alveoli della porzione bassa della mammella tramite la corrente del latte prodotta da i movimenti della vacca.

I batteri producono tossine ed altri irritanti che causano la morte delle cellule con rilascio di sostanze che provocano:

-Incremento della permeabilità dei vasi sanguigni al plasma;

-Adesione dei PMN alle pareti dei vasi sanguigni;

-Attrazione dei PMN nell’area infetta.

I PMN già presenti nel latte al tempo dell’invasione batterica inglobano i batteri. In alcuni casi i PMN stessi possono essere uccisi dai batteri. La morte dei PMN provoca un rilascio di alcune sostanze che danneggiano pure loro le cellule secernenti. Questo aumenta la permeabilità dei vasi sanguigni e movimenti addizionali di PMN dentro il latte,sembra che la velocità di migrazione dei PMN sia inversamente proporzionale alla comparsa di mastiti. Anche dei coaguli di sangue possono infiltrare l’area infetta.

Dipende poi dalla gravità dell’infezione se questi cambiamenti possono essere accompagnati da edema, rossore, tumefazione e anormale secrezione.

 

13)MICRORGANISMI CHE PROVOCANO LA MASTITE BOVINA

 

La stragrande maggioranza delle mastiti infettive sono sostenute da batteri; solo sporadicamente sono sostenute da altri tipi di microrganismi come micoplasmi e lieviti; i virus solo sporadicamente sono causa primaria di malattia. La maggior parte delle mastiti sono causate da Stafilococchi, streptococchi e coliformi. Un importante concetto per la conoscenza delle mastiti è che questi comuni patogeni  rientrano in due categorie:

-Batteri contagiosi che sono diffusi da quarti infetti a quarti sani e da vacche infette a vacche sane.

-Batteri ambientali che sono comunemente presenti nelle stalle, quindi possono arrivare all’orifizio del capezzolo e da qui penetrare nella mammella.

Questa distinzione è di fondamentale importanza pratica perchè diverse sono le misure di controllo  per queste due categorie di batteri.

 

 

 

 

 

 

 

13.1) Batteri ambientali

 

I batteri ambientali che comunemente causano le mastiti bovine includono alcuni tipi di streptococchi (Uberis ed Enterococchi) e Coliformi (Escherichia Coli, Klebsiella, Enterobacter). La differenza fondamentale rispetto a quelli contagiosi è che questi vivono comunemente nell’ambiente delle vacche; l’E. Coli e gli Enterococchi sono massicciamente presenti nelle feci, altri sono comunemente presenti nel suolo e negli impianti.

Questa loro peculiarità  fa si che non si possono eliminare dall’ambiente. Una volta infettata la mammella il passaggio da quarto infetto a quarto sano può essere possibile, ma non è l’unica via di infezione come succede per i contagiosi. Negli allevamenti dove l’Agalatiae e l’Aureus sono assenti, le mastiti causate da batteri ambientali possono costituire un seri problema sanitario.

Lo Streptococco Disgalactie è una causa abbastanza comune di mastite che può comportarsi sia come contagioso che ambientale. E’ facilmente controllato con la disinfezione del capezzolo e con il trattamento in asciutta e sembra dunque che la sua trasmissione avvenga da vacca infetta a vacca sana.

L'esposizione della punta del capezzolo ai germi ambientali, si verifica quindi prevalentemente tra le due mungiture, il che è in contrasto con quello he accade per i contagiosi. Quindi la disinfezione post-mungitura è meno efficace o per nulla efficace nel ridurre il tasso di nuove infezioni da patogeni ambientali. Sebbene i patogeni contagiosi siano rappresentati sostanzialmente da due specie batteriche, i germi responsabili di mastite rappresentano un gruppo molto eterogeneo di generi, specie e ceppi. I germi ambientali che si incontrano più spesso sono specie di streptococchi diversi (diversi da sreptococco agalactiae) e coliformi. Ognuno di questi due gruppi è estremamente vario. I coliformi includono Escherichia coli, Klebsiella pneumoniae, Klebsiella oxytocia, Enterobacter aerogenes, e specie di Citrobacter, Serratia e Proteus. Molte specie di streptococchi possono essere coinvolte: Streptococcos uberis, Streptococcus bovis, Streptococcus faecalis, Streptococcus dysgalactiae, Strptococcus spp.

Le mastiti ambientali mettono a confronto allevatori, veterinari e ricercatori su molte problematiche. Il principale tra questi problemi è che un programma di controllo non è stato sviluppato e verificato scientificamente. Sebbene i patogeni contagiosi possono essere tenuti sotto controllo attraverso il post-diping e la terapia in asciutta, queste misure si sono dimostrate meno efficaci verso i streptococchi ambientali e inefficaci per i coliformi. Per questi motivi allevamenti che hanno risolto il problema delle forme contagiose si ritrovano con livelli non accettabili di forme cliniche.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Risultati dell'esame microbiologico del latte proveniente da mastiti cliniche

 

Patogeno isolato

N forme cliniche/mese

%di tutti i casi clinici

Coliformi

10

31,8

Streptococchi

9,5

30,2

Nessun isolamento

5

15,1

Corynebacterium bovis

3,9

10,3

Stafilococchi coagulasi -

3,8

9

Altri

1,9

4

Stafilococchi coagulasi +

1,6

3

Contaminati

1,3

1,5

Misti

1,9

4,7

 

Negli anni '50 e '60, anni in cui non esistevano misure di controllo per i contagiosi, anni in cui anche il 50% dei capi in allevamento erano infetti in uno o più quarti e l'80%-90%  di queste infezioni era determinato da Stafilococcus aureus e Streptocuccos agalactiae. I germi ambientali venivano diagnosticati ma rappresentavano una percentuale modesta di quarti infetti: i coliformi venivano rilevati in percentuali raramente superiori all'1-2% e di conseguenza hanno sempre ricevuto  minore attenzione.

Per questo motivo le tecniche di diagnosi e monitoraggio delle mastiti vennero sviluppate e standardizzate, basandosi sull'ipotesi che la maggior parte delle mastiti era associata a germi contagiosi. Queste infezioni hanno le seguenti caratteristiche:

1 Sono facili da rilevare in esami colturali seminando 0,01 ml di latte su     agar sangue

2 E' difficile che siano il risultato di una contaminazione esterna

3 Sono infezioni di lunga durata in assenza di terapia antibiotica

4 Lo stato di infezione dell'allevamento può essere stabilito campionando ad                     intervalli annuali o semestrali oppure effettuando il                                        campionamento di un certo numero di animali (circa il 20%) in                                     qualsiasi momento

5 Soltanto il 40% delle infezioni intramammarie si manifesta con forme                              cliniche, quindi hanno una maggiore importanza le forme sub                                cliniche

6 Le mastiti subcliniche possono essere monitorate mensilmente attraverso                        le cellule somatiche dei singoli animali o del latte di massa.

Queste caratteristiche non si adattano bene ai germi ambientali. La diagnosi delle infezioni intramammarie da ambientali è molto più difficile. Le IMI sono di breve durata, le unità formanti colonia dei coliformi a partire dal latte di quarto infetto sono spesso inferiori a 100/ml. . Il valore delle cellule somatiche ha un valore discutibile per la sorveglianza di questo tipo di infezioni, questo perchè le infezioni hanno una durata limitata, e la percentuale di quarti infetti ad ogni momento è molto bassa.

Da uno studio effettuato in un allevamento dove non c'era presenza di contagiosi, condizioni igieniche ottime, notevole uniformità tra le vacche e esposizione alla stessa lettiera è risultato che il tesso di nuove infezioni è proporzionale all'esposizione della punta del capezzolo ad un potenziale patogeno. Il tasso di nuove IMI varia con il variare dello stato fisiologico della mammella. Il  tasso di nuove infezioni in asciutta era più elevato che in lattazione. La terapia un asciutta riduceva drasticamente le infezioni da streptococchi mentre no sortiva alcun effetto su quelle da coliformi. Il tasso di IMI da coliformi non era costante durante durante tutta l'asciutta ma aumentava drammaticamente durante le prime due settimane dell'asciutta e le ultime due settimane prima del parto. La tendenza era simile per gli streptococchi in assenza di terapia in asciutta. La terapia in asciutta riduceva drasticamente le IMI da streptococchi nelle prime due settimane dell'asciutta. Il tasso di IMI durante la lattazione, sia per i coliformi che per i streptococchi non era costante ma diminuiva con l'aumentare dei giorni di lattazione. Il motivo di tale riduzione può essere spiegato con una minore penetrabilità del canale del capezzolo, con la presenza di fattori antibatterici nelle secrezioni mammarie o con l'aumento delle infezioni da stafilococchi coagulasi negativi e C. bovis che aumenta con l'avanzare della lattazione.

 

Giorni di lattazione e infetti da coliformi i dati non tengono presente del periodo in cui si è originata l'infezione.

 

Patogeno

N IMI

N 1-9gg

% 1-9 gg

N 10-99 gg

% 10-99 gg

>= 100gg N

>=100 gg %

<=30gg N

<=30g

Escherichia coli

66

47

71,2

18

27,3

1

1,5

56

84,8

Klebsiella spp.

47

16

34

17

36,2

14

29,8

23

48,9

Debol. Fer. lattosio

15

10

66,7

3

20

2

13,3

10

66,7

Enterobacter aerogenes

4

2

50

2

50

0

0

2

50

Misti

2

1

50

0

0

1

50

1

50

Tutti i ciliformi

134

76

56,7

40

29,9

18

13,4

92

68,7

 

Il numero di parti era un fattore significativo influenzante le IMI da germi ambientali sia in asciutta che in lattazione. Dalla prima alla sesta e più lattazione, le infezioni da streptococchi e coliformi aumentavano di 5 volte.

Il tasso di nuove IMI era condizionato dalla stagione: il tasso di IMI era tre volte più alto in estate e ciò era correlato all'aumento significativo dei coliformi sulla lettiera determinato dalla combinazione delle alte temperature e alta umidità. Inoltre i meccanismi di difesa delle vacche da latte possono essere compromessi durante i mesi caldi dell'anno e aver reso più facile l'instaurarsi di processi infettivi a carico della mammella; infatti il tasso più alto di forme cliniche è stato rilevato proprio nei mesi estivi.

 

 

 

 

 

 

 

 

Giorni di lattazione e infetti da streptococchi. I dati includono sia la IMI originatesi in asciutta  e persistenti in lattazione che le nuove IMI in lattazione.

 

Patogeno

N IMI

1-9 gg

10-99 gg

>100 gg

<30 gg

 

 

N

%

N

%

N

%

N

%

Streptococcus uberis

59

16

27,1

31

52,5

12

20,3

30

50,8

Streptococcus spp

44

21

47,7

18

40,9

5

11,4

32

72,2

Streptococcus disgalactiae

20

9

45

8

40

3

15

12

60

Streptococcus bovis

4

0

0

3

75

1

25

2

50

Non classificabile

44

17

38,6

18

40,9

9

20,5

23

52,3

Streptococcus fecalis

16

4

25

9

56,3

3

18,8

11

68,8

Tutti gli altri streptococchi

187

67

35,8

87

46,5

33

16,7

110

58,8

 

Anche per quanto riguarda il tasso di nuove IMI da streptococchi ambientali si verificava più alto in estate ed in autunno. Anche se i dati relativi alla conta degli streptococchi ambientali non sono stati rilevati, sembra logico supporre che che l'aumento delle IMI nel periodo estivo sia dovuto all'aumento del numero dei batteri nella lettiera, quindi a  condizioni di massima esposizione probabilmente accentuate dallo stress termico al quale sono sottoposti gli animali con conseguente calo delle difese immunitarie.

La relazione tra infezioni contratte durante l'asciutta e manifestazione della mastite col  successivo inizio della lattazione è conosciuto da almeno 30 anni. Le motivazioni sembrano essere l'inefficacia della terapia nel controllare le infezioni da coliformi durante l'asciutta e le infezioni sia da coliformi che da streptococchi nel pre-parto, l'efficacia dei prodotti per l'asciutta fino a questo periodo dell'asciutta.

Lo studio effettuato evidenzia come il 40% delle infezioni da coliformi e il 27% delle IMI da streptococchi in lattazione era originato in asciutta. Probabilmente tassi così elevati sono il risultato di una terapia in asciutta incompleta.

Il 69% e il 59% rispettivamente di IMI in lattazione per coliformi e streptococchi ambientali presentava durata inferiore ai 30 gg. La media geometrica dei giorni di infezione 19 e 17 per coliformi e streptococchi rispettivamente. Di conseguenza, la sorveglianza degli allevamenti ogni 30 gg per cercare di individuare la presenza di patogeni ambientali porterebbe inevitabilmente ad errori sulla scorta degli esiti degli esami culturali o delle cellule somatiche vacca per vacca. Nonostante ciò, il 13% delle IMI da coliformi e il 18% di quelle da streptococchi divenne cronica con durata superiore a 100 gg. Questi dati però suggeriscono come quelle infezioni di lunga durata dovute a coliformi non erano causate da E. coli.

La percentuale di quarti infetti in allevamento in ogni momento, è funzione sia del tasso di nuove IMI che della durata delle stesse. La % di quarti infetti da coliformi in ogni momento dell'anno e per ogni giorno di lattazione, non supera mai il 3,5% dei quarti e il massimo era il giorno del parto. La % dei quarti infetti da coliformi per giorno dell'anno  varia da meno dell'1% ad un massimo del 3%. Quindi la sorveglianza microbiologica di un allevamento in cui si trova l'1% dei quarti infetti da coliformi non suggerisce che non siano effettivamente un problema.

La percentuale dei quarti infetti da streptococchi ambientali era quasi sempre più elevata che quella dei coliformi. L'unica eccezione era al parto. L a percentuale dei quarti infetti da streptococchi non superava mai il 5% ogni giorno dell'anno, quindi soltanto un massimo del 8% si presentava infetto da coliformi e streptococchi  ogni giorno dell'anno e il 22% delle vacche in lattazione aveva mastite clinica a luglio. Il problema che incontrano gli allevatori nei confronti delle mastiti ambientali, probabilmente riguarda i casi clinici e non le infezioni subcliniche e anche questo è in contrasto con le infezioni da germi contagiosi. L'81% delle infezioni da coliformi e il 53% di quelle da streptococchi si manifesta in forma clinica durante la lattazione. Le infezioni diagnosticate per la prima volta in lattazione avevano più probabilità di evolvere in forme cliniche di quelle originatesi in asciutta. Molte infezioni diagnosticate al parto venivano eliminate spontaneamente in pochi giorni e questo si rifletteva nella percentuale di quarti infetti per giorno di lattazione. Queste infezioni erano meno associate alle forme cliniche.

 

 

13.2)Relazione tra l'origine delle forme mammarie (IMI) presenti in lattazione e stagione in cui i sintomi clinici vennero evidenziati per la prima volta.

 

Patogeno

Origine IMI

Stagione

 

 

Inverno

Primavera

Estate

Autunno

Coliformi

asciutta

13,8

5,5

10,1

4,6

 

lattazione

15,6

8,3

30,3

11,9

Streptococchi

asciutta

8

2

6

6

 

lattazione

15

12

28,8

22

 

L'incidenza delle forme cliniche (prima rilevazione) era associata fortemente con i primi 76 giorni di lattazione. Tutte le infezioni da coliformi e streptococchi originatesi in asciutta e manifestatesi clinicamente in lattazione, presentavano i loro sintomi entro 76 giorni dal parto. Circa il 50% delle mastiti cliniche verificatesi nei primi 76 giorni di lattazione era stata contratta in asciutta. L'incidenza delle forme cliniche era più frequente in estate, risultato questo di nuove IMI ; la relazione tra incidenza di forme cliniche e stagione dell'ano era paragonabile ai diversi tassi di IMI  associati con le quattro stagioni. La rilevazione delle forme cliniche per le IMI da coliformi era strettamente associata alla prima rilevazione dell'infezione, cosa molto improbabile per gli streptococchi. Tutte le IMI da coliformi che esitavano in forme cliniche acute venivano rilevate come prima volta come risultato di sintomi acuti. Non è mai stato rilevato un'infezione cronica da coliformi che manifesta sintomi acuti parecchi o pochi giorni dopo la prima rilevazione. Comunque, sono stati osservati IMI acute da coliformi che si sono evolute in forme croniche.

 

Patogeno

Origine IMI

N IMI

% cliniche in lattazione

Stadio di lattazione

 

 

 

 

0-76 gg

77-152gg

153-228gg

229-305gg

Coliformi