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Mastiti bovine parte IV

seguito

19.7) Monitoraggio della sanità della mammella in asciutta

 

L'obiettivo del monitoraggio della sanità della mammella nelle vacche in asciutta ha due livelli. In primo luogo vogliamo conoscere se questa fase del ciclo produttivo sta contribuendo significativamente alle performance dell'allevamento; in secondo luogo vogliamo definire nel modo più preciso possibile i problemi relativi a questa fase del ciclo produttivo.

Per esempio, per rispondere alla prima domanda si potrebbe valutare le vacche che partoriscono con il loro primo controllo con SCC > 250000. E' facile trovare allevamenti con il 20-30% di bovine che partoriscono con conte cellulare sopra questo livello. Nuove infezioni cliniche in vacche con meno di 30gg di lattazione dovrebbe inoltre stimolare una valutazione dei tassi di infezione in asciutta e subito dopo il parto.

 

Monitorare la situazione di ogni singolo quarto attraverso il CMT ha qualche vantaggio rispetto all'attesa del primo controllo delle SCC. Gli interventi possono essere fatti prima  e il monitoraggio dei quarti fornisce informazioni più dettagliate sullo stato di infezione. Comparare inoltre i risultati del CMT o le cellule somatiche prima della messa in asciutta e quelli subito dopo il parto, può aiutare a stabilire se la terapia in asciutta ha avuto il suo effetto e se le infezioni persistono dopo la lattazione.

Se le infezioni sembra possano avere origine in asciutta, non sempre risulta chiaro quale

porzione di questo periodo contribuisce al problema. Sia il primo periodo dell'asciutta che l'ultima fase, sono quei periodo in cui aumenta la suscettibilità a nuove infezioni e quindi la soglia di attenzione sulla gestione di queste fasi deve essere molta alta.

Le corrette procedure di messa in asciutta, il livello di pressione ambientale, e lo stato di salute generale, sono tutti fattori che predispongono all'aumento del rischio di nuove infezioni. Inoltre è possibile evidenziare i problemi tramite l'esame colturale. Alcuni microrganismi come le klebsielle, possono essere sorgente-specifici e farci rivolgere l'attenzione sulla lettiera delle vacche fresche. Un'alta proporzione di vacche che partoriscono con l'aureus ci inducono a ridiscutere la terapia in asciutta e/o la strategia di eliminazione delle vacche infette.

 

 

19.8) Alimentazione e sanità della mammella durante l'asciutta

 

Gran parte delle informazioni riguardanti mastiti e nutrizione, riguardano sostanze in grado di aumentare  e mantenere efficienti le difese dell'animale. Vitamina A, E e selenio sono spesso menzionate. Vengono suggeriti livelli integrativi di vit. E di 800-1000 UI giorno. In ogni modo, l'alimentazione del periodo d'asciutta viene spesso trascurato e non è difficile trovare aziende in cui i razionamenti non sono corretti sotto il profilo energetico, proteico e minerale. L'analisi poco frequente degli alimenti, il mancato monitoraggio dell'assunzione di sostanza secca e condizioni ambientali scadenti, contribuiscono all'aumento dei problemi che sorgono all'asciutta, no ultimo dei quali è la mastite.

 

14 19.9) Considerazioni finali

 

I prodotti attualmente presenti sul mercato USA non hanno alcun effetto sulle infezioni da coliformi. I tassi da nuove infezioni da coliformi sono 4-5 volte superiori durante l'asciutta rispetto alla lattazione. Questo tasso non è costante ma è maggiore nei prime e ultimi 15 gg dell'asciutta. La mammella è altamente resistente alle infezioni quando la ghiandola è completamente involuta e la resistenza è fornita dalla presenza da una notevole presenza di una notevole quantità di fattori immunitari nelle secrezioni e dalla formazione di un tappo di cheratina che sbarra la strada all'ingresso dei microrganismi. Questo tappo di cheratina non è presente alla messa in asciutta e si dissolve in prossimità del parto determinando la riduzione delle difese in questi periodi. Le secrezioni della ghiandola mammaria completamente involuta comprendono alte concentrazioni di immunoglobuline e lattoferrina. La lattoferrina inibisce la crescita dei coliformi ed esiste un'azione sinergica  tra lattoferrina e antibiotici. La lattoferrina non alcun effetto sugli treptococchi ambientali.

Inoltre l'epidemiologia dei colifirmi durante l'aciutta varia tra i vari generi. Le due specie maggiormente implicate sono Escherichia Coli e Klebsiella Pneumoniae. Sia la ghiandola in involuzione che la ghiandola involuta sono molto resistenti alle nuove infezioni da E. coli, molto probabilmente dovuta alla presenza di alte concentrazioni di lattoferrina. Comunque, la mammella in pre-parto  è altamente sensibile alle nuove infezioni di E. coli in quanto la concentrazione di lattoferrina cala drammaticamente nel corso della lattogenesi. In conseguenza di ciò, la maggior parte delle infezioni presenti da E. coli presenti al parto e durante i primi giorni di lattazione hanno origine durante le due settimane prima del parto.

I tassi di nuove infezioni da Klebsiella, Serratia e altri generi di batteri gram-negativi sono alti in entrambi gli estremi dell'asciutta e la loro epidemiologia differisce notevolmente da quella di E. coli la cui maggior parte delle infezioni avviene tardi nell'asciutta e nelle prime fasi della lattazione.

L'utilizzo dei vaccini J 5 sono spesso utilizzati e sembra riducano l'incidenza delle forme cliniche e la gravità dei sintomi anche se non riducono le infezioni mammaria.

La stabulazione delle vacche in asciutta è spesso più scadente di quella delle vacche in lattazione, tali ambienti determinano una notevole esposizione del capezzolo a patogeni ambientali che possono, alla lunga, superare le difese dell'animale. Lettiere in materiale organico contengono quantità maggiori di germi ambientali, sia streptococchi che coliformi. I materiali organici trattengono l'umidità ed agiscono come sorgente alimentare per i batteri. Variazioni stagionali del numero dei batteri  si verificano in molti allevamenti con punte nel periodo estivo.

La segatura è un buon terreno di crescita per i coliformi mentre la paglia lo è per i streptococchi. Lettiere molto spesse contengono grandi quantità di umidità che favoriscono la crescita dei germi inoltre una scarsa ventilazione aggrava queste condizioni. La lettiera ideale è la sabbia essendo un materiale inorganico che non favorisce la crescita dei microbi. Si pensa che le vacche al pascolo siano meno a rischio di mastiti ambientali, ma condizioni simili a quelle che si verificano in stabulazione possono sempre verificarsi. Zone ombreggiate sotto gli alberi diventano focolai di letame e sorgenti notevoli di germi ambientali.

Senza la terapia in asciutta, circa un 8-15% di quarti diventano infetti nel periodo dell’asciutta. Il trattamento antibiotico al momento dell’asciutta  è un metodo molto efficace per il controllo delle mastiti. La terapia con un antibiotico mirato e a lento rilascio ha i seguenti vantaggi:

-Il successo terapeutico è più alto che durante la lattazione,

-si riduce l’incidenza di nuove mastiti durante il periodo dell’asciutta,

-il tessuta danneggiato può essere rigenerato prima del parto,

-il rischio di contaminare il latte destinato al consumo è minimo,

-si riduce di molto l’incidenza di mastiti al parto che avevano però origine da

infezioni avvenute nel primo periodo dell’asciutta;

Il momento migliore per il trattamento è subito dopo la l’ultima mungitura. Non c’è nessun prodotto fra quelli oggi disponibili sul mercato che persiste per tutta la durata dell’asciutta, e quindi sono inefficace per prevenire le infezioni che avvengono appena prima del parto. Un trattamento in più durante l’asciutta non aumenta l’efficacia. Di solito si trattano tutti e quattro i quarti. Questo metodo ha il vantaggio di trattare tutti i quarti infetti, essere efficace nella prevenzione di nuove infezioni in tutti i quarti e non richiedere esame di laboratorio per decidere quali sono i quarti da trattare. Occorre porre molta attenzione alle manualità del trattamento, questo perchè con l’introduzione dell’antibiotico si possono introdurre microrganismi molto dannosi per la mammella. E’ quindi indispensabile lavare, asciugare e disinfettare l’orifizio del capezzolo e poi introdurre l’antibiotico.

 

 

19.10) Rimonta degli animali

 

La rimonta degli animali è una fonte di infezione. Circa un 5-10% dei quarti delle manze contengono batteri infettivi al momento del parto. Alcune di queste infezione hanno origine quando i vitelli sono lasciati liberi di succhiarsi l’un l’altro dopo aver bevuto latte di vacche infette (str. Agalatiae). I vitelli devono essere tenuti in gabbie idonee durante l’allattamento.

Sono molto importanti le condizioni igieniche dei ricoveri dove sono tenute le manze perchè è stato dimostrato che la percentuale di quarti infetti al parto è inversamente proporzione alle condizioni igieniche, oscillando dal 4-5% al 27% in condizioni igieniche scadenti (ricoveri umidi, fango ecc.).

La rimonta acquistata e specialmente le vacche che sono state munte in altri allevamenti possono essere considerate come potenziale fonte di infezione. I tipi di infezione che possono essere introdotti da animali comprati includono l’agalatiae, l’aureus e i micoplasmi. Se molta rimonta deve essere acquistata  è consigliabile acquistare delle manze. L’acquisto delle vacche è opportuno farlo quando sono in asciutta oppure dopo analisi batteriologiche negative. Se sono infette, devono essere curate e solo dopo un esame betteriologico negativo possono essere introdotte in allevamento.

 

20) Altri metodi di controllo

 

20.1) Vaccinazione. Lo scopo della vaccinazione è quello di stimolare la produzione di anticorpi contro i microrganismi che provocano la malattia. In questo modo gli anticorpi rafforzano l’azione di prevenzione, guariscono infezioni esistenti o riducono la gravità dell malattia. Ci sono alcuni ostacoli al successo della vaccinazione delle vacche contro la mastite:

1) La vaccinazione può stimolare una alta concentrazione di anticorpi nel sangue, ma l’immunità della mammella è solo debolmente aumentata durante la lattazione;

2) La vaccinazione per la mastite è molto difficoltosa perchè ci sono molte specie di batteri mastitogeni. Inoltre molte specie di batteri che causano la mastite includono moltissimi ceppi, e non esiste un ceppo che stimola la prevenzione crociata per tutti gli altri ceppi.

3) Occorrono ripetute iniezioni di vaccino per ottenere un adeguato livello di immunità.

Gli sforzi compiuti nella ricerca di una profilassi vaccinale sono rivolti prevalentemente in direzione dei patogeni maggiori. Per diversi anni è stato disponibile un vaccino anti-S aureus, non è stato pubblicato mai nessun articolo sull’efficacia di questo vaccino. Alcuni vaccini sperimentati anti-S aureus allestiti con culture batteriche arricchite di pseudocapsula e contenenti alfa e beta tossoidi sono risultati promettenti ma nessuno di questi è arrivato mai in commercio. Per S uberis è stato dimostrato recentemente una certa protezione nei confronti di infezioni con ceppi omologhi, da parte di un vaccino vivo, ma altri dati dello stesso laboratorio  indicavano che il vaccino non sarebbe stato efficace contro ceppi eterologhi. Oggi esiste un unico vaccino altamente efficace nella lotta contro le mastiti, il vaccino preparato con gli antigeni di nucleo dei coliformi. Tutti i vaccini commerciali per questa indicazione sono culture batteriche mutanti di ceppi j5 di E coli o Salmonella spp. Un’approccio diverso è quello ottenuto mediante un vaccino sperimentale basato sull’attivazione del plasminogeno di S uberis.

 

 

20.2) Dispositivo intramammario. Un importante meccanismo di difesa della mammella sono i leucociti. L’introduzione in mammella di una spirale di plastica ruvida riesce a provocare un aumento di leucociti nel latte durante la lattazione. Molte ricerche indicano una notevole resistenza alle mastiti (70-80% di casi in meno) pero causa un aumento di cellule nel latte di massa con problemi sanitari.

 

20.3) Isolamento. Una raccomandazione frequente è che le vacche infette siano munte per ultime o isolate dalle sane. Comunque, perchè le vacche infette possano essere isolate occorre un esame batteriologico, che è costoso, e poichè l'isolamento delle vacche infette è un grave inconveniente per molti allevamenti questa raccomandazione è molto spesso disattesa. Tuttavia quando si voglia attuare un rapido piano di risanamento, l’esame batteriologico vacca per vacca e l’isolamento di quelle infette è di fondamentale importanza per la riuscita del piano.

 

 

21) CONTROLLO DI SPECIFICI TIPI DI MASTITE

 

Sebbene  il controllo delle mastiti abbia elementi di applicazione in comune per tutti gli specifici tipi di infezione, si possono richiedere diverse regole di igiene, terapia, e gestione caso per caso. Un parere del veterinario è di solito necessario per una accurata diagnosi e un’impostazione di efficaci misure atte a risolvere il problema.

 

21.1) Str. Agalatiae

 

Può essere eradicato dagli allevamenti con un controllo metodico ora ben individuato. La sua alta prevalenza in alcuni allevamenti è dovuta al fallimento dell’applicazione delle pratiche raccomandate. I batteri sono contenuti in grande numero nel latte dei quarti infetti. La trasmissione a vacche sane avviene principalmente durante la mungitura. In assenza di un controllo efficace l’Agalatiae può diffondere rapidamente nell’allevamento. I quarti colpiti hanno un alto contenuto  di cellule e un’alta prevalenza di questi batteri nel latte (l’aureus è l’opposto)  è spesso causa di un’alta carica batterica del campione di massa. Il controllo dell’agalatiae  richiede una riduzione della diffusione da vacche infette a quelle sane e inoltre l’eliminazione dell’infezione già esistente. La trasmissione può essere marcatamente ridotta utilizzando un efficace disinfettante per i capezzoli dopo la mungitura. L’eliminazione di esistenti infezioni è possibile perchè questi batteri sono molto sensibili alla terapia antibiotica. Alcune vacche possono avere un’infezione permanente che resiste alla terapia e devono essere eliminate per compiere l’eradicazione. Un controllo efficace dell’Agalatiae può essere ottenuto adottando i due seguenti metodi:

1) Disinfezione del capezzolo-trattamento in asciutta: le ricerche hanno dimostrato che l’agalatiae è controllato e spesso eradicato entro due, al massimo tre anni quando i capezzoli sono disinfettati dopo ogni mungitura e ogni quarto è trattato con antibiotico per l’asciutta. Questo metodo non richiede esami di laboratorio ed inoltre è anche efficace per il controllo di altri batteri comuni. Lo svantaggio può essere che senza esami di laboratorio il progresso in direzione dell’eradicazione non è sotto controllo. Eccetto quegli allevamenti dove la presenza di agalatiae è molto alta e l’elevato ha un danno economico notevole questo programma di dipping più trattamento in asciutta più terapia in lattazione di casi clinici è probabilmente il metodo di scelta.

2) Analisi batteriologiche e trattamento terapeutico in lattazione. Questo metodo si utilizza quando c’è un danna notevole provocato dall’agalatiae. Campioni di latte di tutte le vacche sono analizzati e gli animali trovati infetti sono trattati con antibiotici secondo l’antibiogramma, poi si continua con il primo metodo.

Per una completa eradicazione, esami susseguenti devono essere fatti e le vacche ancora infette devono essere curate o eliminate. Per i migliori risultati occorre non introdurre animali dall’esterno oppure introdurli solo dopo esame batteriologico negativo.

 

14 21.2) S. Aureus

 

 

Aver capito l'epidemiologia dello stf aureus (serbatoio, vie di trasmissione, fattori di rischio) ha portato a eccellenti risultati nel controllo di questo patogeno maggiore. L'igiene della mungitura ha contribuito a diminuire largamente la trasmissione di nuove infezioni, essendo questo un batterio che si trasmette da animale ad animale nel corso della mungitura. L'utilizzo concertato di altre misure essenziali quali la terapia in asciutta e l'eliminazione dei capi infetti cronicamente hanno permesso a molti allevatori di ottenere livelli di infezione molto bassi, in alcuni casi si è raggiunta addirittura l'eradicazione.

La conoscenza però delle diverse fonti di infezione suggerisce che una totale eradicazione non è al momento possibile.

 

 

21.2.1) La ghiandola mammaria infetta

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La ghiandola mammaria infetta rappresenta senza dubbio il principale serbatoio dello stf aureus.

In uno studio del 1998, Roberson et al., osservarono come in sette allevamenti la principale fonte di stf aureus in manze al parto era rappresentato dal latte degli animali in lattazione. Il fatto che stf aureus possa venir controllato attraverso l'igiene di mungitura, il trattamento in asciutta e l'eliminazione dei capi infetti conferma questo assunto epidemiologico.

L'allevatore dovrebbe essere a conoscenza del fatto che anche le manze possono partorire infette e che circa 1/3 delle nuove IMI da stf aureus in animali in lattazione sono dovuti a manze che partoriscono infette (Roberson, 1994). L'ingresso di animali acquistati, sia manze che vacche, rappresenta un'ulteriore fonte di infezione e l'esame colturale di ogni singolo quarto prima dell'acquisto dovrebbe essere auspicato.

La via più comune di trasmissione è rappresentata dal trasferimento da una mammella infetta a una sana attraverso fomites come la macchina mungitrice, gli straccetti per la pulizia dei capezzoli e le mano del mungitore. Infatti, rimangono sempre all'interno delle tettarelle residui di latte che verranno inevitabilmente a contatto con i capezzoli della vacca successiva, gli straccetti poi, se non sterilizzati, possono albergare il microrganismo; guanti monouso in lattice prevengono il contagio soltanto se sono disinfettati tra un animale e il successivo.

Non solo le vacche in mungitura si possono infettare ma anche durante l'asciutta può aver luogo l'infezione (Shultz e Mercer, 1976): la fonte è rappresentata dalle mammelle infette, anche se altre fonti non sono escluse.

 

 

21.2.2) Colonizzazione delle superfici corporee

 

 

Stf aureus può colonizzare numerose superfici corporee dei mammiferi domestici incluso l'uomo. Davidson (1961) isolò stf aureus dalla cute, dalla cute della mammella, naso, occhi, vagina, labbra, retto, regione sacrale, coda, torace, addome delle bovine. Hajek e Marsalek (1969) isolarono stf aureus dal musello nel 12,5 % delle vacche sane ma trovarono anche una marcata differenza tra i ceppi che causavano mastite nell'allevamento. Trovarono anche che l'aureus veniva isolato sulla superficie del capezzolo senza essere eliminato con il latte. Spencer e Lasmanis (1952) conclusero che il principale reservoir extramammario degli stf e rappresentato dalla cute del capezzolo trovando che il 4,8% era colonizzato da stf aureus.

Dati di Fox et al. (1991), evidenziarono come la cute del capezzolo non sia un reservoir significativo in quanto meno del 4% delle vacche avevano ceppi di aureus mastidogeni sulla cute. Comunque, questo 4% è in accordo con la percentuale di manze che ci aspettiamo partoriscano infette e, forse, corrisponde alla percentuale di vacche che si infettano durante l'asciutta.

Matos, (1988) rilevò stf aureus nel 40% delle lesioni al capezzolo e alla mammella, dimostrando così come questo batterio colonizza rapidamente le ferite cutanee.

La seconda fonte di aureus nel colostro delle manze al parto era rappresentata da ceppi precedentemente isolati dalle superfici corporee delle manze stesse (Roberson et al., 1998). Il 35% di 700 manze era colonizzato da stf aureus almeno una volta (Roberson et al., 1994). Sebbene la maggior parte dei siti corporei rimangono colonizzati per un breve periodo, qualche manza risultava colonizzata nello stesso sito per un anno. Questa colonizzazione persistente è stata documentata anche in un altro studio (Boddie et al., 1987).

Anche nell'uomo è stato notato come alcuni individui siano refrattari alla colonizzazione, mentre altri possono venire colonizzati per periodo molto lunghi (Ehrenkranz, 1965). Lo stesso potrebbe valere per la specie bovina.

Quindi, un'importante fonte di aureus per le manze e per le bovine in asciutta potrebbe essere costituita dagli animali colonizzati in modo persistente.

Matos (1988) studiò 103 manze e rilevò stf aureus in 5 localizzazioni corporee: narici, pelo, canale del capezzolo, vagina e perineo. Egli trovò un alto tasso di aureus nel gruppo di 3-12 mesi e suggerì un'influenza ambientale piuttosto che un effetto età, in quanto le manze erano al pascolo e sottoposte a una notevole quantità di mosche. In un altro studio invece, (Roberson, et al., 1994) l'aureus era maggiormente presente nelle vitelle non ancora svezzate e nel gruppo delle manza gravide piuttosto che nel gruppo 3-12 mesi. La presenza di aureus nel periodo pre-svezzamento potrebbe essere spiegata dalla somministrazione di latte infetto da aureus, cosa che viene a cessare allo svezzamento. L'elevata prevalenza nel gruppo delle manze all'età della prima inseminazione e nel gruppo delle gravide potrebbe venir spiegato dai cambiamenti ormonali che caratterizzano la pubertà o/e dall'aumento dei contatti in quel periodo.

Quindi, che sia il contatto tra animali o il succhiarsi reciproco dei capezzoli, è probabile che le vitelle portatrici di aureus giochino un ruolo rilevante nell'epidemiologia delle manze in quanto sono fonte di aureus costantemente presente per gli altri animali sani. Analogamente, anche gli animali adulti colonizzati, sono portatori di aureus sia per se stessi che per gli animali in asciutta.

E' comunemente accettata la teoria secondo cui l'aureus guadagna l'entrata in mammelle attraverso il canale del capezzolo (Andrson, 1983). Questa premessa era basata sul risultato di molte ricerche le quali trovarono che la contaminazione dei capezzoli porta a un infezione mammaria (IMI) (Little, 1937, Miller e Heshman, 1943). Stf aureus posto sull'orifizio del capezzolo, rapidamente colonizza la punta del capezzolo e spesso porta ad una IMI (Bramley et al., 1979). Forbes (1968) dimostrò che l'invasione del seno del capezzolo da parte stf aureus avviene tra le due mungiture, il che suggerisce la moltiplicazione del batterio attraverso il canale il dotto papillare.

La colonizzazione della cute del capezzolo è un fattore di rischio per le IMI in quanto la disinfezione del capezzolo post-mungitura si è rilevata la singola misura più efficace per la prevenzione e il controllo delle nuove IMI da aureus.

Le manza con secrezione lattea pre-parto con stf aureus hanno un rischio maggiore di avere IMI al parto causate da aureus. Manze con la cute del capezzolo colonizzata da aureus hanno un rischio 3,34 volte maggiore di partorire infette rispetto alle manze non colonizzate.

Questi studi suggeriscono che la colonizzazione del capezzolo è fattore di rischio sia per le manze che per le vacche.

 

 

21.2.3) Vie di trasmissione

 

 

La via di trasmissione di stf aureus durante l'asciutta potrebbe essere la stessa ipotizzata per le manze pre-parto in quanto le circostanze ambientali sono le stesse. L a fonte della contaminazione della cute del capezzolo delle manze è stata ampiamente attribuita alla somministrazione ai vitelli di latte mastitico con conseguente succhiarsi reciproco degli animali (Nickerson, 1987, McDonald, 1982). Questa teoria non è mai stata dimostrata sebbene Schalm (1942) concluse che questa era l'evenienza per l'altro grande patogeno contagioso Steptococcus Agalactiae. Bartos (1982) concluse che l'esposizione di manze a ceppi di aurus di riconosciuta patogenicità attraverso la somministrazione di latte infetto, non aumenta l'incidenza di IMI al primo parto se le manze sono tenute in recinti individuali e viene prevenuto il reciproco succhiarsi dei capezzoli subito dopo il pasto. Un altro importante punto rilevato è che il 14% delle manze a cui era stato somministrato latte pastorizzato e quindi privo di stf aureus partorì infetto; ciò presuppone un'altra via di somministrazione. Inoltre notò anche l'impossibilità di isolare stf aureus in 10 vitelli maschi a cui era stato somministrato latte infetto dalle seguenti localizzazioni: labbra, canto mediale dell'occhio, area sopra il sacro, superficie esterna dell'ano, tonsille, linfonodi sottolinguali, polmoni, linfonodi mediastinici e mesenterici, fegato, milza, superfici mucose del rumine, duodeno e colon. Recenti ricerche di Bushnell (1989)  mostrano come il 6,3% di manze alimentate con latte pastorizzato e il 6,4% alimentate con latte infetto, partoriscono infette. Ciò suggerisce un'influenza minore di questa pratica nella trasmissione dell'infezione alle manze. Altre ricerche (Roberson et al., 1990) non suggeriscono alcuna correlazione tra l'assunzione di latte infetto e la prevalenza di manze infette al parto. Tale conclusione venne tratta osservando che negli allevamenti a bassa prevalenza di aureus, l'8% delle manze partorì infetto, mentre il 9% in allevamenti ad alta prevalenza. Resta il fatto che il latte infetto è comunque fonte di microrganismi che aumentano la carica ambientale. Inoltre, vitelli neonati che succhiano direttamente dalla madre possono inocularsi direttamente l'aureus (Keys, 1980).

Uno studio di Roberson non pubblicato ha rilevato che vitelli neonati, già nelle prime 8 ore dalla nascita hanno zone del corpo colonizzate da stf aureus, i vitelli avevano ricevuto solo il latte materno e le madri non erano infette.

Le zone in cui era stato rilevato l'aureus erano la vagina, il musello e la cute del capezzolo. Il luogo in cui può avvenire la prima contaminazione dell'aureus è l'utero. In uno studio di Eduvie et al. (1984), stf aureus venne isolato dall'utero 1 giorno post-partum. Quindi stf aureus era presente nell'utero gravido  o era una contaminazione appartenente alla microflora vaginale. In ogni caso il vitello sarebbe esposto all'aureus prima o durante il parto. Stf aureus è stato trovato in vitelli di manze a meno di un giorno di vita (Harmon, 1989, Roberson non pubblicato, Woodwaed et al. (1988). Davidson, (1961) trovò la vagina bovina essere il terzo sito maggiormente colonizzato dall'aureus. Questi dati suggeriscono che la colonizzazione delle manze può verificarsi molto precocemente, probabilmente in utero; quindi sembra essere impossibile evitare che l'aureus venga in contatto con il vitello nascituro.

 

 

21.2.4) Il ruolo delle mosche

 

 

 

E' stato suggerito che il controllo delle mosche può ridurre la trasmissione di stf aureus alle manze prepartorienti. Palmer et al. (1941) osservaromo mosche sui capezzoli di manze al parto, ipotizzandole possibili vettori di trasmissione di infezione. Sanders (1940) verificò sperimentalmente la trasmissione di patogeni mastidogeni da animali infetti ad animali sani attraverso le comuni mosche (Musca domestica) e concluse che esse rappresentano un naturale vettore di mastiti bovine. Ewing (1942) isolo stf patogeni da 5 su 2629 mosche catturate in un allevamento di 61 vacche. Bramley et al. (1985) isolarono l'aureus da 10 su 2347 mosche le quali probabilmente assunsero il microrganismo dalla superficie cutanea. In 30 mosche campionate da Matos (1987) nessuna risultava contaminata da  stf aureus. Roberson (1994) isolò l'aureus in mosche appartenenti ad allevamenti ad alta prevalenza di aureus (>10%) ma non ne isolò in mosche catturate in allevamenti a bassa prevalenza. In totale, stf aureus venne isolato  da 14 di 1069 mosche, 9 delle quali dall'area dei vitelli non ancora svezzati, e 10 vennero isolate nel periodo estivo. Se i vitelli ricevevano latte infetto, il latte è fonte di contaminazione per le mosche nella zona di svezzamento dei vitelli. Più di metà delle mosche con stf aureus venne trovata nell'area pre-svezzamento di un unico allevamento. Questo allevamento aveva la più alta prevalenza di aureus nelle vacche in lattazione, alimentava i vitelli con il latte infetto e differì dagli altri allevamenti in quanto i vitelli venivano tenuti in prossimità degli animali in lattazione fino a 6 mesi di età. Gli altri 6 allevamenti tenevano i vitelli fuori o comunque separati dagli animali in lattazione.

Owens (1998) notò che stf aureus può sopravvivere sulle mosche fino a 96 ore e che quindi la trasmissione dell'infezione alle manze attraverso le mosche è possibile. Il controllo delle mosche è misura importante quindi in allevamenti con alta prevalenza di infezione per il controllo dell'infezione attraverso questa via.

 

 

21.2.5) Fonti ambientali/reservoir

 

 

Il ruolo dell'ambiente sembra essere marginale nell'epidemiologia dell'aureus, anche se è possibile isolarlo da qualsiasi superficie in allevamento.

Aria. Può essere un mezzo di diffusione di stf aureus. Lidwell e Brock (1973) riportarono come la diffusione aerogena dello stafilococco è possibile negli ospedali. Matos (1991) isolò l'aureus all'interno della sala di mungitura, prima e durante la mungitura non lo isolò nella sala d'attesa. Roberson (1998) isolò l'aureus da 5 campiono di aria rilevando solo in uno di questi la somoglianza con quelli che davano le IMI nelle manze. Da ciò risulta come l'aria possa essere un veicolo possibile di trasmissione soprattutto nelle stalle chiuse e nelle zone sovraffollate.

Lettiera. E' considerata (Rendos et al., 1975) di poco conto sull'epidemiologia dell'aureus. Molti studi supportano questa opinione. Spencer e Lasmanis (1952) non lo isolarono dal pavimento sotto le mammelle. Matos (1988) lo isolò soltanto da uno di dieci campioni di lettiera. Thorne e Wallmark (1960) lo isolarono invece dal pavimento, trovando inoltre una coincidenza con i ceppi responsabili di IMI. Pencer e Lasmanis (1952) riuscirono a mantenere stf. Aureus in vitro su paglia sterile per almeno 49 giorni, dimostrando che l'aureus può vivere sulla lettiera per un imprecisato periodo do tempo. Quattro di 208 campioni di lettiera risultarono positivi da allevamenti ad alta prevalenza, 0 su 183 in quelli a bassa: la prevalenza può influire direttamente la contaminazione ambientale (Roberson, 1994). Sebbene lo stesso ceppo di aureus rinvenuto in lettiera è stato rinvenuto anche in IMI  di manze al parto (Roberson, 1998), un ruolo epidemiologico è possibile ma improbabile.

Personale. Dal 10 al 40% delle persone non lavoranti in ospedale sono portatrici di stf. Aureus. Le zone maggiormente colonizzate sono la gola e le narici (Noble et al., 1967, Tuazon e Sheagren, 1974, Kloos e Musselwhite, 1975). Nei mungitori la zona maggiormente colonizzata è rappresentata dalle mani in quanto vengono a contatto con le mamelle.

Analizzando il DNA di stf aureus si è visto come in molti casi le IMI di vacche erano causate da ceppi umani di aureus. Devriese (1984) notò come su 94 ceppi di stf. Aureus isolati da IMI il 4%  era di origine umana. Swartz et al. (1985) trovò che il 71,3% di aureus isolati da IMI bovine era tipizzabile con i ceppi umani, suggerndo l'uomo come fonte di molte di queste infezioni. Quidi l'uomo-portatore può essere un fattore importante nella diffusione dell'infezione, essendo l'uomo possibile portatore di ceppi di aureus bovini: Matos (1988) notò come il 6,5% degli aureus isolati dal personale era rappresentato da ceppi bovini. Inoltre l'uomo anche se non è portatore del batterio può agire come vettore meccanico animato nella trasmissione dell'infezione. Bramley e Dodd (1984) conclusero che anche nelle migliori condizioni di routine di mungiture, la manipolazione dei capezzoli prima della mungitura determina una disseminazione di batteri. Dodd et al. (1966) trovarono infetto il 50% delle mani dei mungitori prima della mungitura, mentre è un 100% durante la mungitura. Superstein et al. (1988) identificò stf aureus sulle mani dei mungitori e osservò che poteva sopravvivere tra le due mungiture. Lavoratori di 4 su 7 aziende risultarono colonizzati dall'aureus (Roberson et al., 1994) e 2 manze con stf. Aureus al parto avevano lo stesso ceppo isolato dal naso degli operai (Roberson et al., 1988).

Altre fonti. Stf. Aureus è stato isolato dalle strutture, strumenti, acqua alimenti e specie non bovine (Roberson, 1994). L'acqua e gli alimenti sono fonte di trasmissione in quanto vengono continuamente forniti agli animali. Comunque la loro importanza così come quella delle strutture e delle specie non bovine sembra essere ridotta in quanto i ceppi su di essi isolati sono diversi da quelli isolati da IMI di manze al parto (Roberson et al., 1998).

 

22) TERAPIA DELLE MASTITI

 

22.1) Mastiti sub-cliniche

 

Di solito si curano quelle provocate da da Agalatiae e solo quando questo danneggia gravemente l’allevatore. E’ raccomandata l’infusione intramammaria di un prodotto mono dose registrato, mentre sembra inefficace il trattamento per via generale.

Si fa sempre il trattamento in asciutta in tutte le vacche. Il risultato terapeutico in lattazione e di circa il 90% per l’Agalatiae, mentre per gli altri e più basso e si riduce a percentuali inferiori al 30% per l’Aureus.

 

22.2) Mastiti cliniche

 

Il trattamento di queste mastiti non riduce in modo significativo il tasso di infezione, a meno che non si adottino anche misure igienico sanitarie. Solo il 40% delle infezioni diventa clinicamente manifesto e può essere individuato per la anormalità del latte o della mammella. Dopo il trattamento solo apparentemente la mammella guarisce perchè nella gran parte dei casi l’infezione diventa sub-clinica.

 

22.3) Mastiti acute con interessamento sistemico

 

Casi acuti di mastite che sono accompagnati da grave infiammazione, perdita di appetito, debolezza, disidratazione e febbre devono essere trattati urgentemente con intervento del veterinario. Di solito sono provocate dai coliformi e si fa un trattamento in mammella e in muscolo con antibiotici, antistaminici, antinfiammatori, ossitocina, reidratanti e disintossicanti. Gli Americani nelle mastiti da coli non trattano con antibiotici perchè quando l’animale presenta i sintomi il microbo è stato già sopraffatto dalle difese della bovina, fanno solo una terapia con antinfiammatori e reidratanti (1000ml di soluzione salina al  7% in infusione lenta), però se non è una mastiti da coli?

 

22.4) Terapia di supporto

 

Mungiture più frequenti del quarto malato rimuovono i prodotti tossici; anche iniettando ossitocina prima della mungitura si ottiene una totale eliminazione del latte, batteri e tossine presenti nella mammella.

 

22.5) Procedure per il trattamento intramammario

 

I capezzoli devono essere puliti ed asciutti. La punta del capezzolo deve essere disinfettata con cotone alcol o altri disinfettanti il medicamento deve essere monodose. Se i quarti da trattare sono più di uno o tutti e quattro, come in asciutta, occorre disinfettare prima i capezzoli più lontani e trattarli, poi la stessa procedura per i vicini. Durante il trattamento la cannula non deve essere inserita totalmente nel canale del capezzolo (perché danneggia lo strato di cheratina che può impiegare anche 15 gg per riformarsi e si stira il muscolo sfintere del capezzolo con la conseguenza  che il canale del capezzolo può rimanere aperto per periodo lunghi) ma solo per 1 cm. Dopo il trattamento si disinfetta il capezzolo.

 

 

 

 

23)UTILIZZARE DISINFETTANTI DI CUI SIA STATA VALUTATA L'EFFICACIA

 

 

Scegliere un disinfettante efficace per il post-mungitura, non è cosa semplice. Numerosi prodotti, contenenti i più diversi principi attivi sono disponibili sul mercato. Al memento attuale, nessuna agenzia governativa richiede dati sull'efficacia, la sicurezza o la presenza di residui per i disinfettanti prima dell'immissione sul mercato. Il risultato di ciò è che sono in vendita sia prodotti che sono stati testati per la capacità di ridurre infezioni mammarie di nuova insorgenza, sia prodotti prodotti che non sono testati affatto.

Un prodotto che va destinato alla disinfezione post-mungitura deve essere scelto sulla scorta di ricerche che ne abbiano dimostrato l'efficacia e la sicurezza. Molti prodotti sono efficaci e sicuri e hanno dati di ricerche che ne sostengono la validità. Se le ditte  produttrici hanno eseguito gli studi appropriati, essi saranno più che disponibili a dimostrare i risultati di efficacia e sicurezza ai potenziali clienti. Prodotti che non sono stati testati no devono essere considerati sicuri ed efficaci e non vanno consigliati. Inoltre, un prodotto efficace per il post-mungitura, non va considerato a priori sicuro ed efficace per il pre-mungitura.

I protocolli per la valutazione dei prodotti per il pre- e post-mungitura sono stati sviluppati dal National Mastitis Cuncyl. I produttori sono incoraggiati ad utilizzare i protocolli consigliati dal NMC per valutare l'efficacia e la sicurezza dei loro prodotti. I protocolli per la valutazione dei prodotti post-mungitura (pubblicati sul JDS, Vol.73, No. 9, 1990, p. 2580)  e per il pre-mungitura (pubblicati sul NMC Annual Meetig Proceedings, p. 157) sono sintetizzati qui sotto.

 

 

141 Determinazione dell'efficacia di un disinfettante post-mungitura dopo l'esposizione dei capezzoli ad agenti mastidogeni

 

 

Questo protocollo viene anche riportato come “Experimental Challenge”. Dopo la mungitura, i capezzoli delle vacche in sperimantazione vengono immersi in una soluzione contenente agenti mastidogeni specifici. Il disinfettante viene poi immediatamente applicato a due dei quattro capezzoli infettati, mentre gli altri due non vengono disinfettati. L'efficacia del prodotto viene calcolata attraverso la determinazione del tasso di riduzione delle nuove infezioni mammarie (IMI) nei quarti disinfettati rispetto ai quarti di controllo (non disinfettati).

I vantaggi di questo tipo di protocollo per la valutazione dei disinfettanti sono: 1) l'efficacia può essere determinata in meno tempo, generalmente un paio di mesi, rispetto agli studi di esposizione naturale in cui servono almeno 12 mesi; 2)  le condizioni di sperimentazione e le vacche in sperimentazione devono essere controllate e monitorate più assiduamente; 3) può essere determinata l'efficacia verso una determinata specie di patogeno. Gli svantaggi di questo sistema sono: 1) gli studi vanno condotti in allevamenti sperimentali; 2) l'efficacia viene determinata soltanto su uno o due patogeni; 3) non prende in considerazione i fattori gestionali e la variazione stagionale delle IMI dell'allevamento.

 

 

 

 

 

 

 

23.2) Determinazione dell'efficacia di un disinfettante post-mungitura basandosi sulla riduzione delle infezioni naturali

 

Viene anche riportato come “Natural Exposure”. Questi studi possono essere condotti in allevamenti commerciali o di ricerca. Devono essere utilizzati almeno due allevamenti e la prova deve durare almeno 12 mesi. Il programma sperimentale può essere si di tipo “split-herd” che “split-udder”. In un programma di tpo “split-herd”, i capezzoli di metà delle vacche vengono immersi in una soluzione di disinfettante immediatamente dopo lo stacco del gruppo , mentre i capezzoli delle vacche restanti servono come controllo negativo. In un programma di tipo “split-udder”, due capezzoli (diagonali o ipsilaterali) di ogni mammella sono disinfettati mentre gli altri servono da controllo. L'efficacia viene calcolata in base al tasso di riduzioni di IMI nei quarti disinfettati rispetto ai quarti di controllo.

I vantaggi di questo protocollo sono: 1) non richiede un allevamento di ricerca; 2) il prodotto viene valutato in condizioni più realistiche; 3) tiene in considerazione lo stadio di lattazione e le variazioni stagionali; 4) possono essere raccolti dati su un numero maggiore di patogeni. Gli svantaggi sono: 1) richiede molto più tempo (12 mesi); 2) è difficile controllare le condizioni sperimentali in un allevamento sperimentale.

 

 

23.3) Confronto tra un prodotto sperimentale con uno di efficacia provata basato sulla riduzione dell'incidenza delle infezioni naturali

 

 

Questo protocollo è lo stesso del tipo “Natural Exposure” descritto prima, soltanto che i capezzoli che prima non venivano disinfettati (gruppo di controllo) vengono immersi nel prodotto di provata efficacia. Questo protocollo va bene qualora è improponibile non disinfettare alcuni quarti in allevamenti commerciali o se lo scopo dello studio è quello di confrontare l'efficacia dei due prodotti.

 

 

23.4) Determinazione di un disinfettante pre-mungitura sulla base della riduzione delle infezioni naturali

 

 

La prova deve svolgersi in almeno due allevamenti e per almeno 12 mesi, utilizzando o un programma di tipo “split herd” o di tipo “split-udder”. Vanno eliminati i primi getti di latte da tutti i capezzoli. I capezzoli delle vacche del gruppo del trattamento vanno immersi nel prodotto sperimentale e asciugati con un fazzoletto di carta individuale. Un prodotto di comprovata efficacia per il post-mungitura deve essere applicato immediatamente dopo lo stacco del gruppo. L'efficacia del prodotto in sperimentazione viene valutata attraverso il calcolo del riduzione del tasso di nuove IMI nei quarti disinfettati prima della mungitura rispetto a quelli di controllo. Attualmente non esiste un protocollo del NMC per la determinazione dell'efficacia di un prodotto per pre-mungitura in condizioni di infezioni sperimentali.