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Mastiti bovine parte II

seguito

13.2)Relazione tra l'origine delle forme mammarie (IMI) presenti in lattazione e stagione in cui i sintomi clinici vennero evidenziati per la prima volta.

 

 

Patogeno

Origine IMI

Stagione

 

 

Inverno

Primavera

Estate

Autunno

Coliformi

asciutta

13,8

5,5

10,1

4,6

 

lattazione

15,6

8,3

30,3

11,9

Streptococchi

asciutta

8

2

6

6

 

lattazione

15

12

28,8

22

 

L'incidenza delle forme cliniche (prima rilevazione) era associata fortemente con i primi 76 giorni di lattazione. Tutte le infezioni da coliformi e streptococchi originatesi in asciutta e manifestatesi clinicamente in lattazione, presentavano i loro sintomi entro 76 giorni dal parto. Circa il 50% delle mastiti cliniche verificatesi nei primi 76 giorni di lattazione era stata contratta in asciutta. L'incidenza delle forme cliniche era più frequente in estate, risultato questo di nuove IMI ; la relazione tra incidenza di forme cliniche e stagione dell'ano era paragonabile ai diversi tassi di IMI  associati con le quattro stagioni. La rilevazione delle forme cliniche per le IMI da coliformi era strettamente associata alla prima rilevazione dell'infezione, cosa molto improbabile per gli streptococchi. Tutte le IMI da coliformi che esitavano in forme cliniche acute venivano rilevate come prima volta come risultato di sintomi acuti. Non è mai stato rilevato un'infezione cronica da coliformi che manifesta sintomi acuti parecchi o pochi giorni dopo la prima rilevazione. Comunque, sono stati osservati IMI acute da coliformi che si sono evolute in forme croniche.

 

Patogeno

Origine IMI

N IMI

% cliniche in lattazione

Stadio di lattazione

 

 

 

 

0-76 gg

77-152gg

153-228gg

229-305gg

Coliformi

asciutta

54

69

33,9

0

0

0

 

lattazione

80

90

31,1

22

11

1,8

Streptococchi

asciutta

50

44

23

0

0

0

 

lattazione

137

56

33

21

16

7

 

 

L'associazione tra mastiti acuta da coliformi, periodo estivo e fasi iniziali della lattazione, suggerisce come l'espressione dei sintomi acuti  non era probabilmente l'unico risultato dei fattori di virulenza associata ai coliformi. Più probabilmente, i sintomi acuti erano collegati a deficienze dei meccanismi di resistenza all'infezone di quelle vacche, come risultato dello stress del clima caldo-umido e dell'alta produzione. Hill et al., 1979 mostrarono come i sintomi clinici erano associati al ritardo della diapedesi dei leucociti nei quarti infetti. La risposta cellulare ritardata determinava una rapida crescita dei colifomi a 6cfu/ml. Una caratteristica generale associata alle mastiti acute da coliformi, è stato l'isolamento di un gran numero di coliformi dai quarti infetti, e ciò era in grande contrasto con le IMI da coliformi non associate a sintomi clinici.

Il controllo delle mastiti ambientali verrà raggiunto probabilmente attraverso due ampi approcci al problema. Il primo approccio sarebbe quello di ridurre l'esposizione della punta del capezzolo ai patogeni ambientali. Questo significa la riduzione dei germi nell'ambiente e la prevenzione dell'esposizione dei capezzoli tra le due mungiture e in asciutta mediante l'utilizzo di prodotti barriera che provvedano un'uniforme copertura del capezzolo e una durata sufficiente.

 

Probabili cause di eliminazione di IMI presenti in lattazione

 

 

Patogeno

Cause eliminazione infezione

Coliformi

Streptococchi

 

N

%

N

%

Antibiotici

30

22,4

78

41,7

Spontanea

74

55,2

72

38,5

Morte o eliminazione

10

7,5

10

5,4

Asciugata o fine 305 gg

10

7,5

19

10,2

Persistenti

10

7,5

8

4,3

Totale

134

 

187

 

 

 

La riduzione dell'esposizione del capezzolo ai patogeni ambientali attraverso la riduzione del numero dei germi nell'ambiente, non è un'operazione semplice in condizioni di stabulazione degli animali. L'introduzione di moderni sistemi per l'allontanamento del materiale organico dagli animali meritano molta attenzione. Inoltre l'utilizzo di lettiere in materiali alternativi, in particolar modo i materiali inorganici vanno presi in seria considerazione. La corretta circolazione dell'aria, soprattutto sulla superficie della lettiera del pavimento e delle corsie sembra avere effetti positivi. L'umidità in ogni sua forma (pioggia, umidità atmosferica, urine, acqua di lavaggio delle mammelle) favorisce la crescita di patogeni ambientali  e aumenta l'esposizione a questi dei capezzoli.

Il secondo approccio per il controllo delle mastiti ambientali sarà quello di migliorare le difese degli animali alle infezioni. La vaccinazione potrebbe essere un aspetto della questione, ma non esistono dati che dimostrino che abbia successo l'immunizzazione verso ogni tipo di germe ambientale.

Alcune pubblicazioni suggeriscono come l'alimentazione possa influenzare i fattori di resistenza dell'animale: vacche con diete carenti di vitamina A presentavano più mastiti, mentre la supplementazione con vitamina E e selenio ha ridotto l'incidenza di forme cliniche da germi ambientali. In ogni modo, non c'è chiara evidenza l'addizione di nutrienti alle diete degli animali in quantità superiori ai fabbisogni riduce le mastiti.

 

 

13-2) Batteri contagiosi

 

I più comuni sono Streptococco Agalatiae e lo stafilococco aureus. La principale fonte di infezione questi batteri è rappresentata dalle mammelle infette.

Questi batteri sopravvivono facilmente nella mammella e di solito instaurano una lieve infezione sub-clinica di lunga durata. La trasmissione dell’infezione a quarti sani  e vacche sane avviene durante la mungitura; gli oggetti più importanti che possono trasmettere questi batteri sono: la mungitrice contaminata, gli stracci o spugne che si utilizzano per lavare o asciugare le mammelle di più vacche e le mani dei mungitori.

Adottando severe norma igienico sanitarie è possibile eradicare con una certa facilità  lo Streptococco Agalatiae  da un allevamento e contenere a livelli accettabili o anche eliminare totalmente lo Stafilococco Aureus.

Purtroppo questi batteri sono ancora molto diffusi e provocano ingenti perdite negli allevamenti in cui sono presenti.

 

 

14) INFEZIONI BATTERICHE SPECIFICHE

 

 

141 Streptococco Agalatiae

 

La caratteristica principale di S. Agalactiae è quella di essere strettamente dipendente dal latte della mammella per la sua sopravvivenza e moltiplicazione, così da poterlo considerare un parassita obbligato della mammella. Per questo le forme cliniche moderate o gravi sono poco ricorrenti, mentre quelle lievi, caratterizzate dalle sole alterazioni del latte, sono più frequenti.

Questo batterio infetta i dotti della parte bassa della mammella ma può diffondere ampiamente e provocare danni tissutali a tutta la ghiandola. L’epitelio dei dotti ispessisce e questo processo, assieme a brandelli di tessuti e leucociti, può ostruire i dotti bloccando il drenaggio del tessuto secernente. Il latte accumulato in questa area provoca involuzione. Se il trattamento farmacologico e somministrato abbastanza presto e se la mammella è opportunamente stimolata e completamente svuotata durante la mungitura, i coaguli sono rimossi. Se l’infezione continua lo Str. Agalatiae provoca una mastite cronica con periodi di riacutizzazione. L’accumulo dei prodotti di scarto dei batteri  intensifica l’infiammazione, portando ad una perdita di tessuto secernente e perdita di latte. Raramente causa gravi malattie, ma l’estesa parte di tessuto fibroso nel quarto può rendere questo improduttivo nelle seguenti lattazioni.

Nel caso di infezioni da Agalatiae oltre ad aumentare le cellule (il 10% di quarti infetti può dare già un notevole aumento di cellule nel  latte di massa) aumenta notevolmente la carica batterica perchè l’Agalatiae è presente massivamente nel latte cosa che non succede per l’Aureus.

Anche se le IMI  da agalactiae hanno notevole tendenza a cronicizzare, una corretta profilassi(condizioni igieniche e post diping) e una corretta messa in asciutta portano ad un rapido risanamento dell'allevamento.

 

14.2) Stafilococco Aureus

 

L’aureus è dannoso per il tessuto secernente come l’Agalatiae; il danno è provocato dal rilascio di numerose tossine e altri prodotti irritanti.

Inizialmente i batteri danneggiano il tessuto epiteliale della cisterna, poi muovono verso i dotti e stabiliscono punti di infezione negli alveoli. Si formano poi degli ascessi circondati da tessuto connettivo: questo fenomeno può essere una difesa per tenere isolata l’infezione ma risulta una barriera impenetrabile agli antibiotici che è parzialmente responsabile degli insuccessi terapeutici contro l’Aureus.

Durante una mastite il tessuta danneggiato è altamente variabile e soltanto piccole aree di ghiandola possono essere coinvolte, ma il tessuto coinvolto regredisce a non secernente. Le cellule degli alveoli e dei dotti possono degenerare e insieme con i leucociti possono ostruire i dotti. Questi possono poi riaprirsi e rilasciando stafilococchi in altre aree di ghiandola e il processo è ripetuto, iniziando un continuo ciclo di infezione e reinfezione del quarto. Durante il primo periodo di infezione il danno è minimo e reversibile e se efficacemente trattato il quarto  torna quasi alla normale produzione nelle seguenti lattazioni.

Se i batteri rimangono dentro i dotti ostruiti i PMN  non sono in grado di interrompere la loro moltiplicazione; la distruzione del tessuto continua.

Raramente ceppi di Aureus che producono alfa-tossine possono moltiplicarsi rapidamente, le alfa-tossine causano una vasocostrizione e un massiccio invio di coaguli di sangue isolando l’area infetta dalla circolazione sanguigna. In questi casi si origina una mastite iperacuta con gangrena che provoca la perdita del quarto o in alcuni casi la morte della vacca. La mastite gangrenosa è caratterizzata da chiazze di colore bluastro, la mammella è fredda e c’è infiltrazione di siero attraverso la ferita.

Molti punti di infezione sono situati nella parte bassa dei quarti vicino alla porta di entrata dei batteri, gli antibiotici di solito riescono a prevenire la mastite gangrenosa ma non riescono ad eliminare l’infezione.

 

Fattore

S. Agalactiae

S. Aureus

Intervento

Colostro

+

 

Banca del colostro

Latte di scarto/ex terapia

+++

+++

Eliminare

Manze

++

++

Gruppi separati da asciutte/adulti

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

14.3) E. Coli

 

Il coli è il maggiore responsabile delle mastiti ambientali iperacute, viene veicolato passivamente in mammella, si moltiplica tumultuosamente e quando viene distrutto dai PMN libera delle endotossine che agiscono a diversi  livelli, quindi nella maggior parte dei casi quando abbiamo la sintomatologia il coli non è più presente in mammella, a sei ore dalla comparsa dei sintomi lo ritroviamo solo nel 20% dei casi. Per questo motivo nella gran parte delle mastiti da coli le indagini di laboratorio danno esito negativo.

Questo batterio produce una endotossina che rilascia dopo la sua morte e causa un rapido ingresso di PMN dentro il latte. Il fattore più importante è la gravità dell’infezione e la velocità con la quale i PMN affluiscono nel latte. Una ragione per l’incremento di mastiti a inizio lattazione è il lento flusso di entrata nella mammella di PMN in questo periodo. L’infiammazione e di solito accompagnata da febbre e sintomi di ordine generale e raramente si risolve con la morte dell’animale, ciò dipende dalla virulenza dei batteri e dalle difese della mammella. Un interessamento generale che accompagna la mastite acuta è dovuto a passaggio delle endotossine nel sangue. Il latte diventa acquoso e di colore giallastro contiene fiocchi e coaguli e la quantità di latte si riduce drasticamente. La distruzione di tessuto secernente può avvenire, ma di solito i batteri vengono distrutti rapidamente e la vacche recuperano in pochi giorni la normale produzione. Raramente anche le infezioni da coli si possono cronicizzare e dare recidive, ma in questo caso non saranno forme iperacute, può succedere che in una delle riacutizzazione la mammella riesce ad eliminarli completamente.

Occasionalmente un’infezione acuta da coli risulta in una cessazione completa di produzione, ma le vacche così colpite possono avere produzioni normali nelle lattazioni successive.

Il danno tissutale può essere evidenziato nella cisterna della ghiandola e dotti già un’ora dopo l’invasione. Le aree danneggiate sono microscopiche e sono caratterizzate da perforazione del tessuto epiteliale. Questo è seguito da un marcato movimento di PMN attraverso queste perforazioni. Il movimento massivo di PMN e altri componenti del sangue dentro l’area infetta spesso elimina completamente i batteri anche senza l’uso di antibiotici, entro 24 ora già inizia la riparazione dei tessuti e si completa rapidamente. Non c’è produzione di nuovo tessuto ma cellule riorganizzate riempiono le perforazioni del tessuto epiteliale.

 

 

 

14.4) Il trattamento della forma acuta di mastite bovina da E. Coli con enrofloxacin: efficacia clinica ed azione sulla chemiluminescenza di neutrofili circolanti (Hoeben B. D., Monfaldini E., Burvenich C. and Hamann J.).

 

L'efficacia del trattamento con enrofloxacin sulla sintomatologia locale e generale e la sua azione sulla chemiluminescenza dei leucociti polimorfonucleati circolanti sono stati valutati in mastti da E. Coli indotte sperimentalmente nell'immediato post parto. Dodici bovine sono state infettate sperimentalmente con 10000 ufc di E. Coli P4:032 nei due quarti di sinistra. A sei bovine è stato somministrato enrofloxacin per via endovenosa ad un dosaggio di 5 mg/kg a 10 ore dall'infezione e una seconda volta per via sottocutanea a 30 ore dall'infezione. Le restanti sei bovine fungevano da controllo e non hanno ricevuto nessun trattamento. I seghi clinici a carattere generale (febbre, tachicardia, inappetenza, ridotta attività del rumine e depressione del sensorio) sono risultati simili in entrambi i gruppi. La sintomatologia locale rappresentata da tumefazione, dolorabilità e indurimento dei quarti infetti, è stata meno grave nelle bovine trattate. Non sono state riscontrate differenze nell'aspetto del latte: macchie e latte acquoso o purulento sono stati riscontrati in entrambi i gruppi. L'efficacia del trattamento con enrofloxacin si è potuto constatare principalmente sulla produzione e composizione del latte. Il calo nella produzione di latte e le variazione della concentrazione di lattosio, Na nel latte e delle albumine seriche sono risultati meno pronunciati nelle bovine trattate. Il trattamento ha accertato l'eliminazione batterica dai quarti infetti, mentre non ha avuto ripercussioni sulla chemiluminescenza dei leucociti polimorfonucleati isolati. Le variazioni numeriche di leucociti circolanti e la comparsa in circolo di neutrofili immaturi nelle bovine trattate, sono da considerarsi  manifestazioni positive di una probabile migrazione di neutrofili verso la ghiandola mammaria in preda al processo infiammatorio. Un'elevazione del conteggio delle cellule somatiche del gruppo delle trattate ha rafforzato questa ipotesi. I risultaiti di questo studio indicano che il trattamento con enrofloxacin di bovine con mastite da E. Coli indotta sperimentalmente dopo il parto riduce la gravità della malattia, in particolare modo la diminuzione della produzione lattea e le alterazioni della sua composizione.

J-Dairy-Res 2000 Nov, Vol:67(4), P:485-502

 

 

 

141 L'herps virus 4 nella mastite clinica bovina

 

 

Nonostante gli innumerevoli esami batteriologici che vengono sistematicamente eseguiti, il 20-35% dei casi clinici di mastite bovina sono ad eziologia sconosciuta. Anche se ogni tanto si è cercato di associare infezioni virali alla mastite bovina, generalmente non gli si attribuisce un significato eziologico per questa patologia. Data l'elevata percentuale di mastiti eziologicamente non definite, questo studio mira ad ottenere una migliore conoscenza sul possibile ruolo del virus nella patogenesi della mastite bovina.

In uno studio case/control sono stati raccolti, durante la fase acuta (giorno 0) e nella fase di convalescenza (giorno 21), campioni di siero e latte da 58 vacche da latte con mastite provenienti da 10 diversi allevamenti olandesi. In 58 vacche di controllo sane e corrispondenti ai casi, sono stati prelevati siero e latte per il confronto. Questa è la prima segnalazione dell'isolamento di BHV-4 dal latte di vacche con mastite. Il BHV-4 non è mai stato identificato quale possibile causa di mastite bovina. I risultati seguenti confermano il ruolo dell'infezione con BHV-4 in questa patologia: in 4 dei 10 allevamenti entrati in questo studio, contemporaneamente alla mastite si è riscontrata un'infezione in corso il BHV-4. Nell'allevamento N 4 più del 50% delle vacche da latte avevano problem di mastie nel corso dell'anno, in 5 vacche con mastite (23%) si è riscontrata sieroconversione o un significativo aumento del titolo anticorpale verso BHV-4 rispetto a 2 vacche di controllo (9%). In 4 di queste 5 vacche con mastite non è stato possibile isolare batteri dal latte, mentre nella quinta vacca sono state isolate solo poche colonie di S. Uberis. Di tutte le 58 vacche con mastite, il 16% ha formati anticorpi contro BHV-4 e il 10% dei 58 controlli, dato che forme subclniche di mastite non facevano parte della casistica, l'ultima percentuale relativamente elevata, potrebbe essere spiegata dal fatto che alcuni controlli avevano una mastite sub clinica. La presenza di anticorpi anti BHV-4 durante il corso della mastite n 4 vacche, senza che si sia potuto dimostrare la partecipazione di germi patogeni aerobi e anaerobi, induce a pensare al BHV-4 come un agente causale primario. D'altra parte, l'isolamento concomitente del BHV-4 insieme allo S. Uberis oppure E. Coli entrambi noti per indurre gravi forme di mastite, suggerisce che l'infezione della mammella con BHV-4 potrebba facilitare l'infezione batterica. Concludendo, questi risultati dimostrano che il BHV-4 potrebbe avere una sua importanza nalla patogenesi della mastite nella bovina da latte. La sua importanza come agente primario o secondario va ulteriormente accertata.

Vet-Rec 2000 Aug 19, VOL: 147(8), P222-225

Department of Mammalian Virology, Institute for Animal Scienze and Health, Lelystad, The Netherlands.

 

 

 

15) IL RUOLO MUNGITURA-VACCA NELLA MASTITE

 

15.1) Meccanismi locali di difesa

 

15.1.1) Canale del capezzolo: questa è la porta di entrata nella mammella dei batteri che provocano la mastite ed è il primo punto critico come barriera all’infezione. La lunghezza media del canale del capezzolo è di 15 mm ed è proporzionale alla lunghezza del capezzolo. Da ciò si può dedurre che le bovine con capezzoli corti avranno il canale più corto e quindi minore protezione (maggiore predisposizione alle mastiti).

Il canale del capezzolo o anche dotto papillare può essere suddiviso in due parti:

-la parte esterna, rappresenta circa i 2/3 del dotto papillare il cui epitelio produce la cheratina, una sostanza simile alla cera, ha la funzione di occludere il dotto e impedire l’ingresso dei batteri;

-la parte interna, pliche cutanee di struttura simile alla cisterna del capezzolo che possono collabire fra loro per contrazione del muscolo sfintere del capezzolo, vengono chiamate rosette di Furstenberg, sulla loro superficie vi sono molti PMN.

La cheratina deriva da continua cheratinizzazione dell’epitelio superficiale, dal quale deriva un materiale simil sebaceo, che si distacca e riempie il lume del canale. La cheratina contiene acidi grassi a lunga catena che fungono da batteriostatici per i batteri patogeni. Il capezzolo deve rispondere a tre funzioni principali: recettore, valvola e barriera alle infezioni, riesce efficientemente nel suo compito solo se è integro in tutte le sue parti.

Molti batteri sono rimossi dal flusso di latte che attraversa il dotto durante la mungitura.

La perdita di tono muscolare o stress al capezzolo possono favorire una mancata chiusura del canale, anche capezzoli con canale di grande diametro hanno maggiori possibilità di infettarsi. Il canale del capezzolo ha la massima efficienza nelle manze e peggiora con l’età dell’animale, il canale viene molto dilatato ogni lattazione e questo può essere un fattore predisponente di infezione nelle vacche vecchie.

 

 

15.1.2) Capezzolo

 

E’ importante tutelare la fisiologia dei tessuti del capezzolo, essi sono composti per il 60-70% da vasi e pertanto molto esposti a turbe della circolazione durante la mungitura.

I capezzoli possono essere danneggiati per svariate cause: lesioni chimiche da disinfettanti post mungitura, lesioni traumatiche, lesioni virali o batteriche, screpolature per condizioni climatiche avverse oppure lesioni meccaniche inflitte dalla macchina mungitrice.

Le lesioni più importanti, soprattutto se messe in relazione al rischio di infezioni mammarie, sono quelle di tipo vascolare (congestione, edema, emorragie). L'influenza di queste lesioni sulla perdita di produzione passano spesso inosservate, mentre in molti altri casi vengono malinterpretate  per una non sempre corretta analisi dell'ambiente di produzione e dei vari aspetti gestionali.

 

 

 

 

 

15.1.2.1) Danni inflitti dalla macchina mungitrice

 

Con la mungitura meccanica si è cercato di riprodurre la suzione del vitello, ma ci si è riusciti solo in parte perché il vitello esercita un vuoto intermittente sul capezzolo per forzare il canale del capezzolo e avere la fuoriuscita del latte, la mungitrice invece esercita un vuoto continuo per tutto il periodo della mungitura, causando blocco completo della circolazione e edema, il capezzolo si allunga e si allarga dal 30 al 50%, la zona maggiore di stress è quella adiacente al canale del capezzolo. Si cerca di ovviare a questo problema alternando fasi di mungitura a fasi di massaggio nelle quali la guaina che si deve chiudere circa 2 cm sotto il capezzolo si accolla allo stesso favorendo il reflusso della linfa e del sangue verso l’alto. Se la guaina è troppo dura esercita una pressione troppo forte sul capezzolo e si chiude a più di 2cm sotto il capezzolo se è troppo morbida succede l’inverso e questo è il caso delle guaine al silicone. Anche un impianto di mungitura funzionante alla perfezione non riesce ad eliminare i problemi di circolo a livello del capezzolo e qui la necessità di ridurre i tempi di mungitura al minimo indispensabile, senza aspettare di asciugare completamente la bovina, viene ritenuta normale una quantità residua di latte pari a 300ml. Sono stati effettuati degli esami termografici a bovine dopo la mungitura dai quali si evince che anche dopo una corretta mungitura ci sono zone del capezzolo molto ampie con assenza di afflusso di sangue. Il mancato afflusso di sangue si traduce in una ipossia con blocco delle attività dei PMN che sono sulle rosette di Furstenberg e mancata contrazione del muscolo striato e il canale del capezzolo resta aperto, a parte i danni tissutali causati al capezzolo che possono portare ad una telite cronica anche senza penetrazione di batteri, ipercheratosi detta anche impropriamente prolasso dello sfintere.

E’ da sottolineare che i capezzoli molto corti, oltre ad avere il canale più corto non usufruisco del massaggio perché la guaina si chiude sotto al capezzolo.

 

14111 Lesioni chimiche

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Alcune lesioni possono essere indotte da prodotti ad azione germicida difettosi o utilizzati in modo improprio. E' stato dimostrato che i prodotti  disinfettanti hanno un cambiamento di pH e diventano più acidi con l'andare del tempo  o in condizioni che ne determinano il congelamento. In questo casi infatti si può determinare la separazione tra solvente e soluto che determina l'aumento di concentrazione del principio attivo. Nei mesi freddi, l'iterazione tra basse temperature, vento e scarsa umidità, possono esacerbare l'azione irritante di certi disinfettanti che si manifesta essenzialmente con disidratazione, screpolature e disepitelizzazione della cute del capezzolo.

La cute disidratata poi si screpola molto più facilmente in seguito all'azione ciclica della guaina. Quindi, il corretto utilizzo e la cura nell'applicazione di questi prodotti al capezzolo è essenziale. Vanno valutate le strategie di disinfezione dei capezzoli nella stagione invernale, con particolare attenzione all'impiego di sostanze ad azione cosmetica. Inoltre, altre lesioni chimiche possono risultare dall'impiego di sostanze chimiche con azione antibatterica sulla lettiera che si esplica fondamentalmente per un innalzamento del pH.

 

15.1.2.3) Abrasioni fisiche, ferite e screpolature

14

Stalle con poste o cuccette non sufficientemente lunghe può determinare un'elevata frequenza di lesioni traumatiche al capezzolo. Tali lesioni sono autotraumatismi o traumatismi determinati dal calpestamento dei capezzoli da animali adiacenti. La gravità del danno è variabile e la guarigione si presenta difficile a causa della mungitura. Tali lesioni portano molto frequentemente a infezioni mammarie. Oggetti affilati possono causare ferite molto profonde sulla cute del capezzolo. Alcune di questo possono richiedere punti di sutura o tubi di drenaggio del latte. La guarigione è difficile soprattutto se viene ad essere danneggiato il dotto papillare o la superficie della cisterna del capezzolo.

Le screpolature possono essere dovute a rapidi cambiamenti climatici, di temperatura, vento, umidità o di esposizione a raggi solari. La cute si presenta inizialmente arrossata con la successiva comparsa di una crosta. E' facile che queste lesioni si presentano alla base del capezzolo. E' probabile che la formazione di questi anelli di screpolatura siano facilitati nell'insorgere dal movimento ciclico della guaina nel corso della mungitura. Il contatto e la frizione della base della guaina con la cute del capezzolo può stressare lo strato più esterno della cute, vale a dire l'epidermide, causando la rottura della continuità delle cellule in questo strato cellulare. Questa condiziono può inoltre verificarsi a causa di altre patologie del capezzolo in cui la macchina mungitrice accentua gli effetti patologici.

La guarigione delle lesioni al capezzolo è piuttosto lunga, dovuta alla necessità della mungitura che esacerba le lesioni. L e vacche vengono munte più facilmente e mostrano un comportamento migliore se hanno i capezzoli in ordine.

 

 

15.1.2.4) Malattie del capezzolo

 

 

Ci sono quattro malattie virali che colpiscono il capezzolo: 1) Cowpox. E' una infezione locale che può coinvolgere l'intero capezzolo o addirittura la mammella. E' molto rara negli USA. Vescicole iniziali lasciano il posto a pustole che poi si rompono. Si può sviluppare una crosta ma di solito la mungitura lascia un'area ulcerata. La guarigione avviene di solito in quattro settimane e si sviluppa una immunità permanente. E' un microrganismo contagioso la cui diffusione può essere contrastata tramite l'utilizzo di guanti in gomma e di disinfettanti a base di ipoclorito o iodofori. La vaccinazione è possibile e si può rendere necessaria in circostanze di estrema gravità. 2) PseudoCuwpox. E' una condizione piuttosto frequente che si sviluppa nel giro di un paio di giorni dall'avvenuta esposizione e si manifesta con gonfiore ai capezzoli con estrema dolorabilità soprattutto nelle fasi iniziali. Può assomigliare alle lesioni da Pox virus, non si formano però le vescicole iniziali. Le lesioni si sviluppano in forme circolari e iniziano a guarire dal centro lasciando croste a forma di anello o di ferro di cavallo. L'immunità acquisita è di corta durata e l'infezione può ricomparire nella lattazione successiva anche se la diffusione all'interno dell'allevamento è molto lenta. 3) Herpes. L'infezione può anche coinvolgere parti della mammella. Sono lesioni molto dolorose caratterizzate da presenza di vescicole di breve durata. Queste lasciano il passo croste rossastre che la mungitura trasforma sovente in ulcere dolorose. Sebbene l'immunità si sviluppa in seguito all'infezione, le manze e le vacche di nuova introduzione possono essere colpite. 4) Verruche. Lo sviluppo di verruche sul capezzolo può assumere diversi livelli di gravità. Possono svilupparsi attorno all'orifizio del capezzolo causando una mungitura irregolare. Dal momento che sono di origine contagiosa è meglio mungere le vacche infette per ultime. In ceti casi è utile approntare un vaccino autogeno, peraltro non sempre efficace. Sembra comunque abbastanza rara la possibilità che questo tipo di infezioni ai capezzoli si possano verificare nei nostri allevamenti.

 

 

 

 

 

 

15.1.2.5) Strutture interne

 

 

Proliferazioni tissutali interne al capezzolo possono ostruire il canale del capezzolo impedendo la mungitura. La formazione di questi “spider” altera l'apertura dello sfintere e ostacola l'estrazione del latte. Allo stesso modo, tessuti che si staccano dalla mammella possono cadere nella cisterna del capezzolo e ostruire il libero flusso del latte. Questo fenomeno è conosciuto come “floater”. Queste formazioni possono essere rimosse chirurgicamente, preferibilmente in asciutta ma il successo è variabile. L'allargamento dell'orifizio nelle vacche dure porta raramente al successo. La probabilità di infezioni mammarie è alta in queste circostanze.

 

 

15.1.2.6) Ecografia del capezzolo

 

Hammann ('92) misurò i cambiamenti dello spessore del capezzolo dopo la mungitura, presumibilmente dovuti alla congestione e all'edema e suggerì una relazione delle nuove infezioni con il grado di aumento di spessore misurato tramite cutimetro. In modo da utilizzare una tecnologia meno invasiva, è stato condotto uno studio in Pennsylvania (Spencer,'99) per valutare le condizioni dei tessuti del capezzolo prima e dopo la mungitura attraverso l'esame ecografico. Lo scopo di questa misurazione è di valutare l'effetto della mungitura sullo spessore della parete del capezzolo.

La tabella mostra che c'è un aumento significativo dello spessore della parete del capezzolo dovuta al semplice svolgimento della mungitura. Le misure sono state effettuate alla punta e nel corpo del capezzolo. Le differenze sono altamente significative. Nessuna differenza è stata rilevata sull'aumento dello spessore dovuto a u diametro più ampio del foro della guaina. I risultati sono molto concordi e l'ecografia ha presentato poca variabilità.

 

Effetto della mungitura e della guaina sullo spessore del capezzolo misurato in centimetri tramite ecografia

 

Punta del capezzolo

Corpo del capezzolo

Guaina

Premungitura

Postmungitura

Differenza

Premungitura

Postmungitura

Differenza

0,8

1,13

1,54

0,41**

0,58

0,82

0,24**

0,5

1,14

1,5

0,36**

0,55

0,83

0,28**

Signif:

NS

NS

 

NS

NS

 

 

0,8= foro stretto, **=p<0,05

0,5=foro ampio, NS=non significativo

 

Lo studio in questione na avvalorato la tesi secondo cui la mungitura rappresenta sempre e comunque un evento traumatico per il capezzolo e ciò si manifesta con aumento di spessore del capezzolo stesso. Queste alterazioni vascolari predispongono alle infezioni in quanto deprimono quelle che sono le difese naturali del dotto papillare (cheratina, sfintere muscolare) a causa della ipossia tissutale che determinano.

In conclusione, gli allevatori dovrebbero sforzarsi a minimizzare le lesioni del capezzolo e le malattie relative ad esso in modo da ridurre al minimo  le nuove infezioni mammarie e massimizzare l'eiezione del latte.

 

 

15.1.3) Leucociti nel latte

 

Una volta che i batteri sono entrati nella ghiandola i leucociti servono per inibire l’instaurarsi dell’infezione. I rapidi movimenti dei leucociti nella ghiandola sono una delle più importanti difese naturali. Di solito sono meno di 200.000/ml nel latte normale in mammelle sane. Il loro numero aumenta molto in caso di invasine microbica fino ad alcuni milioni/ml in caso di mastiti acute. La stragrande maggioranza dei leucociti nel latte sono PMN, il numero massimo di questi lo troviamo 24 ore dopo l’infezione. C’è una naturale variabilità fra le vacche nella capacità dei loro PMN nel riconoscere e distruggere i batteri. Altri leucociti presenti sono i macrofagi che aumentano la risposta infiammatoria e sono responsabili in un seguente sviluppo dell’immunità.

 

15.1.4) Anticorpi e altri fattori solubili nel latte

 

Gli anticorpi del latte provengono dal sangue e dal plasma cellulare che produce anticorpi localmente nel tessuto mammario. La quantità di anticorpi nel latte durante la lattazione è bassa, risulta alta nel latte colostrale e nel latte mastitico. Gli anticorpi (IgG1) ricoprono i batteri aumentano la capacità e la velocità di fagocitosi da parte dei PMN. Inoltre ostacolano l’adesione dei batteri ai tessuti, ne riducono la moltiplicazione e neutralizzano le tossine. Altri fattori di difesa sono enzimi, lisozima, lattoferrina e complemento.

 

15.2) Cambiamento delle difese della mammella nel periodo dell’asciutta

 

La mammella è altamente suscettibile a nuove infezioni durante alcune fasi del periodo dell’asciutta. La frequenza di queste infezioni è alta durante il primo periodo, decresce durante la fase media e incrementa di nuovo in prossimità del parto. Nuove infezione nel periodo dell’asciutta incidono sul livello di mastiti in allevamento in quanto persistono fino alla seguente lattazione e provocano molte forme cliniche al parto oppure subito dopo. Dopo che la vacca è messa in asciutta ci sono dei cambiamenti che possono favorire la suscettibilità all’infezione:

-il flusso di latte attraverso il dotto del capezzolo, che rimuove i batteri è terminato

-aumento della pressione endommammaria che provoca una dilatazione del canale

favorendo l’entrata dei batteri,

-il lavaggio della mammella e la disinfezione è sospesa, aumentando in questo

modo il numero dei batteri presenti sulla cute del capezzolo.

L’incremento delle resistenze durante il periodo mediamo dell’asciutta può essere attribuito a:

-decremento della pressione endomammaria,

-formazione di un tappo di cheratina nel canale,

-aumento della concentrazione dei leucociti,

-elevata concentrazione di lattoferrina.

In prossimità del parto la mammella viene distesa, cambia la composizione del secreto mammario, la vacca è sotto stress e aumenta il pericolo di infezione. La lattoferrina è una proteina che lega molto tenacemente in ferro e limita la disponibilità di questo elemento essenziale per i batteri, incrementa da 10 a 100 volte la concentrazione durante l’involuzione della mammella e questo deprime la crescita dei coliformi. Comunque, in prossimità del parto la lattoferrina diminuisce diminuendo quindi la capacità di inibire i coliformi.

Durante l’involuzione i leucociti aumentano fino a milioni/ml, questa alta concentrazione aumenta le resistenze durante l’involuzione dei quarti. I leucociti possono avere un effetto limitato nel colostro dovuto ad un’alta concentrazione dei componenti del latte che interferiscono con la captazione e l’inglobamento dei batteri.

 

15.3) Ereditabilità

 

Sfortunatamente c’è una correlazione genetica negativa fra la quantità di latte e la frequenza di mastiti. In genere la selezione per la produzione selezione anche per l’aumento del numero delle mastiti. Comunque alcuni caratteri possono essere selezionati per aumentare la resistenza alle mastiti. Una selezione mirata ad un decremento della conta cellulare nel latte può avere un ruolo nel rafforzare un incremento nella resistenza alle mastiti. L’ereditabilità del numero di c. è modesto ma comunque possibile, questa selezione non riduce la quantità di latte. Anche una selezione per la forma della mammella e le dimensione dei capezzoli può ridurre le mastiti.

 

15.4) Fattori fisiologici

 

L’incidenza di mastiti e il numero di cellule aumenta con l’età, l’aumento della media di cellule con l’età può essere dovuto all’aumento in proporzione delle vacche infette e della media del numero di quarti infetti per vacca, e un lungo periodo di infezione che produce tessuto danneggiato e provoca una grande risposta leucocitaria. I quarti di vacche vecchie hanno una grande risposta leucocitaria poiché sono già state in contatto con gli stessi patogeni. Il numero di leucociti non incrementa in vacche che non hanno mai avuto mastiti evidenziando che questo fenomeno non è dovuto all’età ma soltanto all’esposizione della mammella ai patogeni.

Le cellule sono alte sia nei quarti infetti che in quelli non infetti al momento del parto ma diminuiscono molto rapidamente nei quarti non infetti.

Le cellule non aumentano o aumentano leggermente a fine lattazione nelle mammelle sane, aumentano invece se è presente un’infezione. La media delle cellule tende ad aumentare con l’aumento dei giorni di lattazione ma come per l’età non è dovuto allo stadio di lattazione ma ad un aumento di mastiti sub-cliniche durante la lattazione.

 

 

16) GESTIONE DEGLI ALLEVAMENTI ED AMBIENTE COME FATTORI MASTITE

 

 

L’ambiente influenza sia il grado di esposizione dell’orifizio del capezzolo ai batteri che la sensibilità all’infezione della vacca. L’ambiente è inteso come insieme di fattori includendo il clima, la stagione, la regione, tipo di stabulazione, etc.

I fattori ambientali interagiscono con la produzione, l’alimentazione, stato di lattazione, presenza di altre malattie infettive o metaboliche, il che porta alla conclusione che ogni allevamento è “unico” e che fattori specifici che possono influenzare il livello di mastiti in un allevamento possono essere insignificanti per un’altro allevamento.

 

16.1) Incremento di esposizione ai patogeni

 

Sono soprattutto la macchina mungitrice, le mani dei mungitori e il lavaggio dei capezzoli. L’esposizione ai patogeni contagiosi può essere molto ridotta con l’applicazione di una buona igiene di mungitura (disinfezione dei capezzoli). Questo perchè la mammella infetta e primariamente responsabile per il contagio e trasmissione da quarto infetto a quarto sano tramite la mungitrice e le mani dei mungitori, per altri batteri ambientali come streptococchi e coliformi, è invece l’ambiente la fonte primaria di infezione. L’esposizione ai batteri ambientali avviene principalmente nell’intervallo tra le due mungiture, questi vengono veicolati passivamente all’interno del capezzolo soprattutto con manovre errate durante la mungitura. Poichè questi batteri sono comuni nell’ambiente non possono essere eliminati come causa di mastite. La fonte di batteri ambientali include le feci, paglia, alimenti, terra, acqua e probabilmente in certi casi  anche latte di vacche infette. Il grado di inquinamento della lettiera dipende molto delle condizioni ambientali di temperatura, umidità che possono favorire la moltiplicazione batterica. Di solito l’incidenza di mastiti da batteri ambientali aumenta nel periodo estivo. Anche il sovraffollamento, scarsa ventilazione, mancata rimozione del letame dalla stalla, dai paddok e dalle corsie, accesso delle vacche in zone con acqua stagnante aumenta l’incidenza di queste mastiti.

 

16.2) Stress

 

Le basi fisiologiche dell’aumento della mastite dovuto ad uno stress sono poco conosciute, ma si può supporre che questo causi una riduzione della risposta immunitaria, riduzione della funzione fagocitaria delle cellule o riduzione della capacità di mobilitazione dei leucociti dal sangue al latte.

Un effetto dello stress è di incrementare la gravità delle infezioni già esistenti, può cioè trasformare una mastite sub-clinica in mastite clinica.

Varie sono le cause di stress: caldo, alta percentuale di umidità, temperature molto basse o molto alte, vento, cambio di ambiente o di gruppo, cambio del personale. Nella tabella che segue è riportato come variano le cellule, il numero di quarti infetti e il numero di bovine con mastite clinica nell'arco dell'anno. La prova è stata condotta per cinque anni dal 79 all'84.

 

mese

N vacche in lattazione

% di vacche con mastite clinica

% di quarti con mastite clinica

Cellule del latte di massa

 

media

%

%

Media * 1000

Gennaio

143

14,7

5,1

282

Febbraio

146

13,8

4,8

288

Marzo

144

13,6

4,8

407

Aprile

142

13,4

4,3

339

Maggio

140

13,2

4,6

295

Giugno

138

15,8

5,7

347

Luglio

136

22

7,9

513

Agosto

134

19,9

7,3

447

Settembre

137

19,8

7,4

398

Ottobre

133

17,1

6,3

316

Novembre

133

16,7

5,5

251

Dicembre

135

15

5,4

309

 

Le cellule somatiche oltre che variare stagionalmente in conseguenza dei vari fattori ambientali possono variare nella stessa giornata e sembra siano più alte nel latte di sgocciolatura e aumentano nelle prime quattro ore dopo la mungitura (fino a 7 volte maggiori) per poi tornare  progressivamente ai valori normali.

Alcuni ricercatori (Brolund 1985) hanno rilevato delle differenze a seconda delle razze ma sono comunque poco significative rispetto allo stato di infezione della mammella.

Anche malattie virali o meta boliche e accumulo di gas tossici nell’ambiente possono provocare uno stress.

Nel peripartum abbiamo una notevole immunosoppressione,soprattutto nelle risposta immunitaria Th2, come pure alterazione delle caratteristiche di movimento del pool leucocitario. Ciò suggerisce di non effettuare trattamenti immunizzanti in questo periodo, in quanto potrebbero risultare inefficaci. E’ consigliabile aspettare 30 gg dopo il parto prima di procedere a vaccinazioni.

16.3) Traumi

Cause frequenti di traumi sono: sovraffollamento, pavimenti e corsie scivolose, poste molto corte e strette etc. I traumi non solo facilitano le infezioni ma provocano difficoltà di svuotamento della mammella. Lesioni al capezzolo, specialmente quelle vicino all’orifizio frequentemente ospitano batteri patogeni. Occorre sempre identificare le cause di traumi ai capezzoli ed eliminarle.